Un estratto di questo articolo è stato pubblicato nella rubrica #IlGraffio su AdviseOnlyBlog in data 29.3.2016.
L’ABI,
l’associazione delle banche italiane; è un gruppo di interesse il cui obiettivo
principale è influenzare a proprio vantaggio l’adozione, la redazione e la
realizzazione di scelte e politiche pubbliche.
E’ una “lobby”
forte, compatta, che con decisione e modalità coerenti nel tempo (dal punto di
vista ABI) ha condotto una costante azione di stimolo verso il governo e le
istituzioni per sostenere le proprie ragioni, industriali e di sistema;
guardando al passato anche recente, l’ABI ha avuto sinora maggior “successo”
dell’analoga “lobby” del mondo industriale (Confindustria). Ma continuerà
questo “successo”? Vediamone il contesto.
Nata nel 1945
con l’obiettivo di “essere considerati dalle autorità finanziarie e dal governo
(uno) strumento di collaborazione con la politica economica dell’esecutivo”
conta oggi 952 soci, 181 dipendenti totali; i 3 principali associati
(IntesaSanPaolo/ISP, Unicredit, Mediobanca) che “pesano” per il 67,55%
dell’intera capitalizzazione di borsa del settore; Unicredit ed ISP controllano
insieme il 26% dei componenti il Comitato Esecutivo, il 20% del Consiglio
Nazionale, il 33% delle Commissioni regionali; fra i 12 principali associati
(ISP, Unicredit, UBI, Mediobanca, MPS, B. Popolare, BNL/Paribas, BPER, BPM, B.
Generali, B.Popolare Sondrio, Carige), 7 intrattengono qualche forma di
collegamento ed interessenza con altri aderenti al’ABI.
Le banche hanno
attività di bilancio di 1.800 miliardi di euro, e più di 300.000
dipendenti (diminuiti nel corso degli ultimi decenni).
Con l’assetto
sopra descritto, nel suo operare l’ABI è “naturalmente” predisposto a sostenere
le ragioni dei suoi principali associati, che ne orientano i lavori e le
azioni; oltre al governo (in particolare, il MEF), l’ABI intrattiene rapporti
istituzionali con l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), la
Banca d’Italia e la BCE, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione
(COVIP).
Specularmente,
anche le casse di risparmio e le fondazioni bancarie che ne hanno il controllo
e/o la partecipazione hanno costituito una loro associazione, l’ACRI, che conta
119 soci (112 ordinari e 7 associati), e che come associazione di categoria
svolge un'attività di rappresentanza e di tutela degli interessi degli
Associati e di ausilio operativo; l'attività nei confronti delle Casse di
Risparmio è sviluppata in stretta collaborazione con ABI per le tematiche
comuni alle altre banche, rappresentando quindi un naturale “alleato” nella
difesa delle ragioni dell’industria bancaria italiana.
In prospettiva,
è prevedibile che una “lobby” che considera prioritario e “strategico” il
mantenimento della propria posizione dominante nel settore finanziario, da
difendere contro “new comers” come FinTech, “shadow banking”, finanza
informale, si porrà come ostacolo alla concorrenza fra operatori del credito e
dei servizi finanziari alle imprese ed ai risparmiatori. Ed a perdere, saranno
quanti hanno maggior bisogno di “aria nuova” allo sportello.