mercoledì 30 settembre 2015

Gli aerei avranno motori elettrici.




Entro il 2017 Airbus metterà in commercio il primo aereo con motore elettrico, testato in un volo (silenzioso) lo scorso luglio nel cielo dello Stretto di Dover: un piccolo aereo a 2 posti, che saliranno a 4, destinato inizialmente all’addestramento in volo, dotato di batterie al litio in grado di sostenere un volo di 1 ora (con 30 minuti di riserva).  Una rivoluzione: al posto di grandi motori posizionati sotto grandi ali, gli aerei del futuro avranno un numero elevato di piccoli e leggeri motori elettrici posizionati in varie parti dell’aereo, che sarà più leggero grazie alla “distributed electric propulsion” (DEP); “DEP enables a fundamental shift in how we design aircraft” secondo la NASA, anch’essa alle prese con un progetto di aereo a propulsione elettrica (nome in codice: Sceptor), sviluppato in una base in California, che prevede di sostituire le ali convenzionali di un aereo a 4 posti con delle ali contenenti una dozzina di piccoli motori elettrici, e che dovrebbe essere testato in volo a partire dal 2017. Saranno ali di dimensioni più piccole, circa 1/3, rispetto a quelle attuali. Entro il 2050 è prevista la messa in servizio di questa nuova generazione di aerei, inizialmente con una capacità di 90 passeggeri.. La pressione sulla riduzione sostanziale dei consumi esercitata sui costruttori di aerei da parte della UE è notevole: entro il 2050 è infatti loro richiesta la riduzione di almeno il 20-30% delle emissioni e del rumore; il “salto tecnologico” richiesto è tale da imporre di “volare alto”.

martedì 29 settembre 2015

Un PAC di soldi …




Un estratto di questo articolo è stato pubblicato nella rubrica #IlGraffio su AdviseOnlyBlog in data  29.9.2015.


La politica agricola comune (PAC) è una delle politiche comunitarie di maggiore importanza: oggi impegna circa il 35% del bilancio dell'Unione europea (era il 70% negli anni Settanta); la Comunità ha il compito di promuovere, mediante l'instaurazione di un mercato comune e il graduale riavvicinamento delle politiche economiche degli stati membri, uno “sviluppo armonioso” delle attività economiche, attraverso le azioni di:

  1. Abolire i dazi doganali tra gli stati membri;
  2. Istituire tariffe doganali e politiche commerciali nei confronti degli stati terzi;
  3. Eliminare gli ostacoli tra gli stati membri di capitali, servizi e persone;
  4. Instaurare una politica comune nel settore dei trasporti e in quello dell'agricoltura;
  5. Agire tramite un Fondo sociale europeo e una Banca europea, per promuovere gli investimenti.

per raggiungere 2 obiettivi:

  1. Soddisfare gli agricoltori grazie al prezzo di intervento: il prezzo minimo garantito per i prodotti agricoli stabilito dalla CEE, oggi UE, prevedendo che il prezzo delle produzioni non potesse scendere al di sotto di quello di intervento;
  2. Orientare le imprese agricole verso una maggiore capacità produttiva (limitando i fattori della produzione, aumentando lo sviluppo tecnologico e utilizzando tecniche agronomiche migliori).

La politica agricola comune presenta quindi 3 dimensioni: sostegno al mercato, sostegno al reddito, sviluppo rurale.

Sostegno del mercato e sostegno al reddito sono finanziate esclusivamente dal bilancio dell’UE, mentre la dimensione dello sviluppo rurale si basa sulla programmazione pluriennale ed è cofinanziata dagli Stati membri.



A seguito della riforma del 2013, per beneficiare del diritto agli aiuti al reddito, gli agricoltori sono tenuti ad adottare metodi agricoli rispettosi dell’ambiente: mantenere delle superfici prative permanenti (l’erba assorbe l’anidride carbonica, contribuendo in tal modo a combattere i cambiamenti climatici), avere un numero minimo di colture,  gestire almeno il 5 % dei seminativi (la cosiddetta «area d’interesse ecologico») con metodi che promuovono la biodiversità. Il programma PAC per gli anni 2014-2020, presentato nel novembre 2013, prevedeva che l'agricoltura europea potesse contare su 408,3 miliardi (il 38% del bilancio UE), poi rivisti al ribasso a 362,8 miliardi di euro. Gran parte dei nuovi fondi saranno erogati sotto forma di aiuti diretti al reddito agli agricoltori che si impegneranno a rispettare i nuovi vincoli ambientali a tutela del paesaggio e del benessere animale. Il resto (circa 90 miliardi) finanzierà la politica di sviluppo rurale. All' Italia per il periodo 2014-2020 sono assegnati 41,2 miliardi, cui lo stato italiano aggiungerebbe 10,4 miliardi di co-finanziamento.

In concreto, la riforma della PAC prevede una riduzione delle risorse UE sino al 30%. Per mitigarne gli effetti, i singoli stati potranno far confluire gli aiuti su singoli settori strategici”: l’Italia indica allevamenti, uliveti (l’Italia rappresenta il 17% della produzione mondiale ma oltre il 30% del consumo di olio, risultando quindi un importatore netto) e riso (una commodity che vede l’Italia terzo produttore in Europa, con oltre 4.000 aziende agricole).



Una valutazione dell’esperienza pluriennale della PAC è nel complesso negativa, avendo essa finanziato la creazione e/o il mantenimento di “muri protettivi” per molte produzioni nazionali di paesi ricchi, sussidiate dai fondi europei, senza favorire efficienze di mercato, il tutto a spese del contribuente europeo; una situazione che è peggiorata con l’allargamento del numero dei paesi UE, richiedendo ulteriori sostegni per le produzioni meno efficienti dei nuovi entranti; e che sta subendo l’apertura alla importazione di commodity alimentari (come il riso dai paesi dell’Estremo Oriente) da paesi terzi, meno ricchi e quindi con costi di produzione inferiori. Il consumatore europeo sopporta i costi della PAC, ma non beneficia di prodotti migliori ed a prezzi contenuti. La PAC è allora paragonabile al “nodo gordiano” difficile da sciogliere, come hanno avuto modo di verificare generazioni di politici, imprenditori agricoli, allevatori ed agricoltori.



 

 



Fonte: Gruppo 2013, la Pac 2014-2020, Le decisioni dell’Ue e le scelte nazionali. Per guardare il grafico ingrandito cliccare qui