giovedì 30 aprile 2015

Mari coltivati.



Pesci e crostacei allevati hanno superato il peso del pesce pescato nel mare, nel 2014: i consumi di pesce allevato pro-capite sono stati 10,3 kg annui (+4,4% sul 2013) rispetto ai 9,7 kg annui di pesce “selvaggio” (-1,5% sul 2013): 20 kg pro-capite totali contro i 6,5 kg pro-capite totali del 1950. “”L’acquacoltura è diventata una realtà importante e ormai contribuisce più della pesca alla nostra alimentazione””: la crescente domanda ha fatto crescere di 13 volte in 35 anni la produzione (superando quella di bovini), con un giro d’affari del pesce allevato stimato in 144 miliardi di US$ e volumi di 160 milioni di tonnellate (erano 90 milioni negli anni Novanta). La FAO (agenzia ONU) stima che le risorse ittiche globali siano sovra sfruttate di almeno un terzo; le stime sul fenomeno della pesca illegale indicano che 1 pesce su 4 sia pescato illegalmente, portando ad una riduzione delle risorse ittiche. Se il pescato (pesci, crostacei, molluschi) è rimasto stabile nel decennio (era di 88,2 milioni di tonnellate nel 2003, salito a 93,7 milioni nel 2011, sceso a 91,3 milioni nel 2012), l’allevato ha visto un costante aumento nello stesso periodo: 38,9 milioni di tonnellate nel 2003, sino a 66,6 milioni nel 2012. Il big del pescato è la Cina (16,1 milioni di tonnellate nel 2012), seguita dall’Indonesia (5,8 milioni) e dagli USA (5,1 milioni); la Cina è anche al top per l’allevato con 41,1 milioni di tonnellate nel 2012 (erano 25 milioni nel 2003), 10 volte la seconda (India, con 4,2 milioni, seguita dal Vietnam con 3,1 milioni). 
Per coltivare il mare occorre cautela, quella che i pescatori d’una volta applicavano.

mercoledì 29 aprile 2015

Cambio di marcia per le investment company.


Le “investment company”, società che a loro volta investono in altre società, saranno presto regolate sulla base della direttiva UE AIFMD; secondo AIFI (associazione del private equity) esse sono 30 in Italia, alcune quotate (MIV ed AIM), altre no (fra esse alcune SPAC). Per tutte, sono prevedibili costi aggiuntivi per adeguare controlli interni ed esterni (reportistica verso organi di vigilanza; iscrizione ai nuovi albi di settore). Ma la modifica più significativa sarà sul fronte fiscale: finora, le investment company hanno goduto della “participation exemption”, che prevede l’esclusione dal reddito imponibile del 95% dei dividendi incassati e delle plusvalenze realizzate, col risultato di una tassazione effettiva dell’ 1,375% (aliquota IRES al 27,5% sul 5% imponibile). Con la nuova qualificazione, sarà applicabile una ritenuta (a titolo di acconto o di imposta) pari al 27,5% sui redditi. Una modifica che potrebbe far cambiare strategie ed investimenti degli investitori in questo tipo di società.

martedì 28 aprile 2015

Tedeschi, ma poco assicurati.



Il rendimento garantito sulle polizze assicurative a contenuto finanziario (ramo vita), storicamente fino al 4% annuo e recentemente ridotto all’1,25% annuo, sembra porre crescenti difficoltà alle compagnie assicurative tedesche, a causa della esposizione ad un atteso, lungo periodo di bassi tassi di interesse; ad avviso della Banca dei Regolamenti Internazionali, il “mismatch” fra rendimenti ridotti sugli attivi (investimenti) ed impegni futuri verso gli assicurati (a rendimenti garantiti) porrà crescenti pressioni sia sui risultati che sulla struttura del capitale, con possibili declassamenti all’orizzonte. Secondo l’agenzia di rating Fitch, la “duration” media delle garanzie offerte agli assicurati è un 3,1% annuo medio, in una situazione in cui i premi vengono investiti in una pluralità di investimenti a tassi bassi o negativi (come nel caso dell’ultima emissione del Bund 6 anni); attesa l’attuale composizione media degli attivi (investimenti e loro mix) delle compagnie tedesche, i rendimenti attesi si situano fra l’1% e l’1,5%; in caso di prolungati periodi di bassi tassi, a cui le compagnie investirebbero i loro attivi, le garanzie offerte sarebbero a rischio, con la perdita di copertura oscillante, a seconda degli scenari sui tassi, fra il 2020 ed il 2027; in termini assicurativi, domani. I primi effetti sui bilanci delle compagnie già si vedono, con il capitale (medio del settore) sceso dall’8,8% (2008) al 7,4% (2013), in relazione alle riserve attuariali, con una previsione di ulteriore discesa al 7,1% nei bilanci 2014. 
Con buona pace del “Deutschland uber alles”.

lunedì 27 aprile 2015

Un mondo di animali domestici e coccolati.



Nel mondo vi sono 160 milioni di cani (74 milioni nell’America del Nord, 57 milioni in Europa), 180 milioni di gatti (83 in Nord America e 63 in Europa), 45 milioni di uccelli, che generano un giro d’affari di “pet food” di 74 miliardi di US$, per una spesa annua pro-animale di 192 US$. Cresce il numero degli animali domestici, cresce la spesa media per la loro cura, a tassi di crescita da “boom”, stimati al 6% annuo per i prossimi 5 anni; nel più recente passato, c’è stato un +24% annuo in India ed un +4,5% negli USA. La domanda (in questo caso, non dei consumatori, ma dei loro “padroni”) si orienta verso cibi naturali, di alta qualità, confezionati in vaschette monoporzione, prova che il mercato degli alimenti per gli animali da compagnia è in crescita soprattutto nel segmento premium. I dati sembrano indicare livelli di reddito medio-alti per i proprietari, con una accelerazione evidente nei paesi emergenti grazie all'ampliarsi della classe media ed all'aumento del reddito disponibile, che fanno anche crescere la popolazione di padroni di pets; nel Vecchio Mondo ad influire è soprattutto il fattore affettivo, con una crescita a valore guidata dalla sempre maggiore importanza dei prodotti di alto livello: “"il mercato globale degli ingredienti utilizzati nel cibo per animali sta guadagnando slancio"”, meno quello “tradizionale”. 
Una volta si sarebbe detto: “roba da cani”.

domenica 26 aprile 2015

Lo scarto elettronico.




Nel 2014 nelle discariche di tutto mondo sono stati gettati 41,8 milioni di tonnellate di  rifiuti elettrici ed elettronici: 41,8 milioni di tonnellate (erano ai 39,8 milioni di tonnellate del 2013); il trend è di forte crescita. Solo un sesto di questo ''e-waste” viene adeguatamente riciclato, con uno spreco stimato in 52 miliardi di dollari.  In termini fisici,  i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) finiti in discarica sono l'equivalente di 1.150.000 Tir pieni di “e-waste”: messi in fila formerebbero una coda lunga 23.000 chilometri. I maggiori produttori di questa spazzatura sono stati Usa e Cina (entrambi con il 32% della quota globale), seguiti da Giappone, Germania e India. Paradossalmente, i valori più alti di rifiuti pro-capite sono stati registrati nei Paesi che vantano di avere a cuore l'ambiente: maglia nera alla Norvegia con 28,4 kg di RAEE per abitante, seguita da Svizzera (26,3 kg) e Islanda (26,1 kg); l'Italia ne ha prodotti 17,6 kg per abitante. Il continente con la minore quantità di spazzatura elettronica pro-capite è l'Africa, con 1,7 kg per abitante. Fra i rifiuti “dimenticati” ci sono metalli preziosi, come ferro, rame e oro, che se fossero riciclati “varrebbero”  52 miliardi di dollari; si stima che siano andati fra i rifiuti anche 300 tonnellate d'oro (pari all'11% della produzione mondiale di questo metallo). Accanto a rifiuti nobili, troppi i rifiuti pericolosi: 2,2 milioni di tonnellate comprendenti  piombo, mercurio, cadmio, cromo.