“” Per definire appieno la cifra (di Annibale Barca) sia
concesso qui supportare il nostro discorso con un aforisma celebre, che
Plutarco attribuisce a Lisandro di Sparta. Biasimato da alcuni dei suoi
concittadini perché si serve abitualmente degli stratagemmi, indegni di un
popolo che si vanta stirpe di Eracle, il vincitore della guerra del Peloponneso
replica che la leonté, la spoglia dell’invulnerabile leone (…) non copre per
intero il corpo dell’eroe. Dove non arriva la pelle del leone – egli conclude –
occorre cucire la pelle della volpe. Il senso è chiaro: se nella metafora di
Lisandro la pelle del leone simboleggia l’areté, il valore personale in
battaglia, quella della volpe richiama la necessità, in guerra, di un uso costante
di metis, l’intelligenza, declinata però in tutti i suoi aspetti, persino nelle
sue manifestazioni deteriori, come dolos e mechané, techne e kerdos, l’inganno
e l’artifizio, l’accorgimento e la malizia.(…)
A chi gli chiederà come ci si debba comportare in guerra, Antigono Gonata risponderà (…) che vale qualunque mezzo si ritenga utile, che si può cioè usare indifferentemente l’inganno come la forza, che si può attaccare il nemico apertamente o di nascosto. (…)
In un passo del “De officiis” di Cicerone: “esistono due modi di violare il diritto, la violenza e la frode. La violenza è propria del leone, la frode della volpiciattola, comportamenti l’uno e l’altro lontanissimi dall’umana natura; ma è la frode a essere degna di riprovazione maggiore”.””
A chi gli chiederà come ci si debba comportare in guerra, Antigono Gonata risponderà (…) che vale qualunque mezzo si ritenga utile, che si può cioè usare indifferentemente l’inganno come la forza, che si può attaccare il nemico apertamente o di nascosto. (…)
In un passo del “De officiis” di Cicerone: “esistono due modi di violare il diritto, la violenza e la frode. La violenza è propria del leone, la frode della volpiciattola, comportamenti l’uno e l’altro lontanissimi dall’umana natura; ma è la frode a essere degna di riprovazione maggiore”.””
(Giovanni Brizzi, “Canne. La sconfitta che fece vincere Roma”)
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