“” Era quello il second’anno di raccolta scarsa. Nell’antecedente,
le provvisioni rimaste degli anni addietro avevan supplito, fino ad un certo
segno, al difetto; e la popolazione era giunta, non satolla né affamata, ma,
certo, affatto sprovveduta, alla messe del 1628, nel quale siamo con la nostra
storia. Ora, questa messe tanto desiderata riuscì ancor più misera della
precedente, in parte per maggior contrarietà delle stagioni (…), in parte per
colpa degli uomini. (…) E quella
qualunque raccolta non era ancor finita di riporre, che le provvisioni per l’esercito,
e lo sciupinio che sempre le accompagna, ci fecero dentro un tal vòto, che la
penuria si fece subito sentire, e con la penuria quel suo doloroso, ma
salutevole come inevitabile effetto, il rincaro.
Ma quando questo arriva ad un
certo segno, nasce sempre (…), nasce un’opinione ne’ molti, che non ne sia
cagione la scarsezza. Si dimentica d’averla temuta, predetta; si suppone tutt’a
un tratto che ci sia grano abbastanza, e che il male venga dal non vendersene
abbastanza per il consumo: supposizioni che non stanno né in cielo, né in
terra; ma che lusingano a un tempo la collera e la speranza. (…) S’imploravan
da’ magistrati que’ provvedimenti, che alla moltitudine paion sempre, o almeno
sono sempre parsi finora, così giusti, così semplici, così atti a far saltar
fuori il grano, nascosto, murato, sepolto, come dicevano, e a far ritornare l’abbondanza.
I magistrati qualche cosa facevano: come di stabilire il prezzo massimo d’alcune
derrate, di intimar pene a chi ricusasse di vendere, e altri editti di quel
genere. Siccome però tutti i provvedimenti di questo mondo, per quanto siano
gagliardi, non hanno virtù di diminuire il bisogno del cibo, né di far venir
derrate fuor di stagione; e siccome questi in ispecie non avevan certamente
quella d’attirarne da dove ce ne potesse essere di soprabbondanti; così il male
durava e cresceva. La moltitudine attribuiva un tale effetto alla scarsezza e
alla debolezza de’ rimedi, e ne sollecitava ad alte grida de’ più generosi e
decisivi. E per sua sventura, trovò l’uomo secondo il suo cuore. “”
(A. Manzoni,
I Promessi Sposi, Cap. XII)
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