“” La forza legale non proteggeva in alcun modo l’uomo
tranquillo, inoffensivo, e che non avesse altri mezzi di far paura altrui. Non già
che mancassero leggi e pene contro le violenze private. Le leggi anzi
diluviavano; i delitti erano numerati, e particolareggiati, con minuta prolissità;
le pene, pazzamente esorbitanti e, se non basta, aumentabili, quasi caso per
caso, ad arbitrio del legislatore stesso e di cento esecutori; le procedure,
studiate soltanto a liberare il giudice da ogni cosa che potesse essergli d’impedimento
a proferire una condanna: gli squarci che abbiam riportati delle gride contro i
bravi, ne sono un piccolo, ma fedel saggio. Con tutto ciò, anzi in gran parte a
cagion di ciò, quelle gride, ripubblicate e rinforzate di governo in governo,
non servivano ad altro che ad attestare ampollosamente l’impotenza de’ loro
autori; o, se producevan qualche effetto immediato, era principalmente d’aggiunger
molte vessazioni a quelle che i pacifici e i deboli già soffrivano da’
perturbatori, e d’accrescer le violenze e l’astuzia di questi. L’impunità era
organizzata, e aveva radici che le gride non toccavano, o non potevano
smuovere. Tali erano gli asili, tali i privilegi d’alcune classi, in parte
riconosciuti dalla forza legale, in parte tollerati con astioso silenzio, o
impugnati con varie pretese, ma sostenuti in fatto e difesi da quelle classi,
con attività d’interesse, e con gelosia di puntiglio. Ora, quest’impunità minacciata
e insultata, ma non distrutta dalle gride, doveva naturalmente, a ogni minaccia, e a ogni insulto, adoperar nuovi
sforzi e nuove invenzioni, per conservarsi. Così accadeva in effetti; e, all’apparire
delle gride dirette a comprimere i violenti, questi cercavano nella loro forza
reale i nuovi mezzi più opportuni, per continuare a far ciò che le gride
venivano a proibire. Potevan ben esse inceppare a ogni passo, e molestare l’uomo
bonario, che fosse senza forza propria e senza protezione; perché, col fine d’aver
sotto la mano ogni uomo, per prevenire o per punire ogni delitto,
assoggettavano ogni mossa del privato al volere arbitrario d’esecutori d’ogni
genere. (…) Di quegli stessi ch’eran
deputati a farle eseguire, alcuni appartenevano per nascita alla parte
privilegiata, alcuni ne dipendevano per clientela; gli uni e gli altri, avevano
abbracciate le massime, e si sarebbero ben guardati dall’offenderle, per amor d’un
pezzo di carta attaccata sulle
cantonate. Gli uomini poi incaricati dell’esecuzione immediata, quando
fossero stati intraprendenti come eroi, ubbidienti come monaci, e pronti a
sacrificarsi come martiri, non avrebber però potuto venirne alla fine,
inferiori com’eran di numero a quelli che si trattava di sottomettere, e con
una gran probabilità d’essere abbandonati da chi, in astratto e, per così dire,
in teoria, imponeva loro di operare. Ma, oltre di ciò, costoro eran
generalmente de’ più abbienti e ribaldi soggetti del loro tempo; l’incarico
loro era tenuto a vile anche da quelli che potevano averne terrore, e il loro
titolo era improperio.”” (A. Manzoni, I Promessi Sposi, Cap. I)
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