Oggi negli Stati Uniti ci sono più campi da golf che
ristoranti McDonald’s. E non perché gli americani preferiscano i prati ben
curati all’hamburger: il fatto è che 40 milioni di baby boomers cercano un
posto dove poter camminare e fare esercizio fisico.
In epoca moderna (post-industrializzazione), se una nazione
registra un tasso medio di crescita annua del pil superiore al 2,5% per due
quarti di secolo consecutivi (due generazioni), il tasso di fecondità scende a
un livello appena superiore al tasso di sostituzione, ovvero a 2,5 figli per
donna. Se il pil continua ad aumentare per la terza generazione consecutiva, il
tasso di fecondità tenderà a scendere al di sotto del 2,1 e la popolazione avrà
bisogno dell’immigrazione per mantenersi stabile.
Perché il fatto che la classe media mette al mondo
meno figli è così importante?
Per mantenere un tenore di vita elevato, i
cittadini devono avvalersi dei servizi di nuovi lavoratori – che si tratti di
operatori ospedalieri o di semplici idraulici. Di qui il bisogno di immigrati.
Questi ultimi, tuttavia, possono destabilizzare la cultura dominante.
Per i paesi in questione si prospettano dunque due
scenari:
un crollo della ricchezza relativa o uno
sfilacciamento del tessuto culturale.
Insomma: prosperità uguale meno figli, uguale più
immigrati, uguale nuovi attriti.
Il tramonto
dell’etica del lavoro.
Quando una nazione ricca comincia a disgregarsi, la gente
non soffre la fame. Semplicemente, smette di alzarsi presto la mattina per
preparare la colazione. Tutti i suoi abitanti hanno un comodo letto su cui
dormire, ma scarseggiano quelli che hanno un valido motivo per alzarsi. Se la
fiducia viene meno e il debito sale, l’etica del lavoro ne risente.
Il dipartimento del Lavoro statunitense rileva ogni mese il
tasso di partecipazione al mercato del lavoro, cioè la percentuale di adulti
che vogliono lavorare. Ebbene, negli ultimi 17 anni, quel tasso è sceso al 63%
circa; al momento, è inferiore al livello di fine anni Settanta. Nello stato di
West Virginia oggi lavora meno di un adulto su due: sostanzialmente la stessa
proporzione di quarant’anni fa.
La probabilità che un giovane statunitense tra i 18 e i 24
anni si trasferisca in un altro stato è crollata del 40% rispetto agli anni
Ottanta. Questa mentalità stanziale affligge non solo gli americani laureati,
ma anche quelli che non hanno conseguito un diploma di istruzione superiore. È
un altro paradosso del nostro tempo: gli autoctoni si ritrovano circondati da
stranieri, ma sono meno propensi a esplorare il loro stesso paese e il resto
del mondo. In altre parole, stanno diventando dei pantofolai. La percentuale di
giovani che vivono a casa con i genitori è quasi raddoppiata tra il 1980 e il
2008, prima della Grande Recessione. È questo il vero movimento Occupy di
cui dovremmo seriamente preoccuparci.
La Generazione Y si sta trasformando in una Generazione A
come Apatici?
Dal 1980 a oggi la percentuale di adolescenti che svolgono
lavoretti estivi o part-time dopo la scuola è precipitata. Nel 1994 due terzi
dei teenager lavoravano d’estate. Già nel 2007 lo faceva meno della metà.
Questo drastico mutamento non è circoscritto a un gruppo di adolescenti in
particolare (bianchi, ricchi, neri, piccoli, grandi, dropout o studenti
universitari). Tutti hanno sostanzialmente
incrociato le braccia. Il decadimento dell’etica del lavoro è contagioso. Chi
non lavora non paga le tasse sul reddito. E chi le paga cova risentimento. La
frammentazione sociale porta gli individui a comportarsi in modo disonesto e a
puntare a facili ricchezze o comode scappatoie.
Il declino del
patriottismo.
Per sopravvivere alle sferzate di un’economia in rapido
cambiamento, un paese dovrebbe trasmettere ai suoi figli e agli immigrati il
senso della sua identità nazionale e i riti e le tradizioni che possono tenerlo
unito. Le società che non lo fanno sono destinate a morire.
Gli intellettuali sono soliti disdegnare il patriottismo e
invitare i concittadini a non credere che il loro paese sia superiore agli
altri. Ecco il pericolo che vedo profilarsi quando la naturale aspirazione di
una nazione a sentirsi migliore viene soffocata: gli individui introiettano le
ambizioni di superiorità e diventano più narcisisti. Negli Stati Uniti il
patriottismo scende mentre il narcisismo sale. Un tempo nelle scuole pubbliche
la giornata cominciava non solo con il “giuramento di fedeltà” ma anche
cantando inni come America the Beautiful. In molti istituti, questa e altre
canzoni sono state soppiantate da slogan mirati a rafforzare l’autostima
affissi sui muri, del tipo: “ognuno è una star!”.
Eroi tradizionali come Cristoforo Colombo, i padri
pellegrini e GeorgeWashington sono stati degradati a predoni, anziché
apprezzati come simboli di intraprendenza, libertà religiosa e coraggio. Oggi
la Magna Charta – quasi un testo sacro della libertà – è sconosciuta a
pressoché la metà della popolazione britannica. Secondo quanto riferito da un
professore dell’Università di Cardiff, solo il 20% circa degli studenti
universitari del Regno Unito è in grado di citare un primo ministro del XIX secolo. Alla maggior
parte di essi, nomi come Disraeli e Gladstone non dicono nulla. E negli Stati
Uniti meno di uno studente universitario su quattro è in grado di stabilire un
nesso tra James Madison e la Costituzione americana.
Una memoria condivisa e la celebrazione di festività
comuni sono tra gli strumenti più efficaci per contrastare l’entropia delle
nazioni. Un paese che non ha consapevolezza della propria storia diventa una
massa di persone, anziché una nazione. E tenere insieme una nazione
multiculturale è ancora più difficile.
Il
reaganiano “morning in America” funzionò così bene perché evocava un senso
della storia. Reagan celebrò una serie di ricorrenze storiche che univano gli
americani al di là delle differenze. Nel giugno del 1984, in un discorso per il
quarantesimo anniversario dello sbarco in Normandia, si lasciò anche scappare
una lacrima. Aveva radunato sulle scogliere di Pointe du Hoc una folla di
anziani, molti dei quali erano arrivati fin lì appoggiati a un bastone o su una
sedia a rotelle. Erano i rangers superstiti dell’esercito – i “ragazzi
di Pointe du Hoc” – che da giovani o giovanissimi si erano arrampicati su per
quelle aspre e ripide scogliere sotto la pioggia mortale di proiettili delle
mitragliatrici tedesche. Quei ragazzi non avrebbero rischiato la vita se
avessero pensato che la Storia era una sciocchezza e che le pagine di eroismo
della loro nazione erano semplice propaganda. Le storie che avevano appreso da
scolari avevano infuso in loro il coraggio di arrampicarsi e la forza di
avanzare attraverso il sangue dei loro compagni. Le nazioni moderne non
arriveranno alla fine di questo secolo se non avranno il coraggio di
abbracciare il loro passato e condividerlo con i propri figli.
(cit. Todd G.
Bucholz, "The price of prosperity: why rich nations fail and how to renew
them")
Nessun commento:
Posta un commento