venerdì 24 giugno 2016

“Solo ciò che è razionale è reale” (Hegel). Brevi appunti sulla Brexit.

“Solo ciò che è razionale è reale” (Hegel)

Brevi appunti sulla Brexit.

E’ l’inizio della dissoluzione della Gran Bretagna: a breve Scozia ed Irlanda del Nord diverranno indipendenti e la sola Inghilterra (pur non piccola parte di un’isola ormai divisa) diverrà una realtà secondaria; 80 anni fa la Gran Bretagna era l’Impero che dominava il mondo: sia d’esempio e monito sulla rapida caducità della forza politica ed economica.
Perdita di valore delle attività in sterline (valuta e beni immobili), che potrebbe rovinosamente calare in caso di abbandono di Londra da parte della “City degli affari”.


Che futuro per l’Inghilterra? 

Se gli inglesi avranno voglia di lavorare, il paese potrebbe diventare una fabbrica a basso costo (sia per livello dei salari sia per la debole valuta) per l’esportazione. Ma dubitiamo sulla voglia di lavorare. Per il resto, perdita di potere d’acquisto, tassi alti, tassazione in crescita per le persone fisiche, inflazione (come negli anni Settanta, prima che arrivasse una Lady, ma di ferro). Ammesso che possa in futuro esistere ancora quello che si chiama "paradiso fiscale", Londra sarebbe assai tentata di diventarlo per trattenere, ed attrarre, le "perfide multinazionali".

Con Brexit, viene a mancare il più significativo contraltare al predominio tedesco sull’Europa; da domani, lo scenario cambia, e di brutto. Con la Gran Bretagna (a mezzo servizio) nella UE, la Germania non era in gabbia, ma quantomeno in un recinto ben guardato a vista; nel dopo-Brexit, non ci sarà nessun pastore anglicano a fare la guardia (chi si illude che lo possano fare i bovari delle Fiandre francesi sbaglia di grosso).
La Brexit sarà particolarmente dura per gli inglesi, e per due ragioni principali: 

(1) la Germania vorrà dare un esempio a tutti i paesi che stanno pensando di seguirne le orme: ”state attenti, questo è quanto vi accadrà”; 
(2) dopo aver perso 2 guerre, la Germania non potrà perdere l’occasione storica di umiliare gli inglesi. Well-done, Franz...
 

Quale Unione Europea ci possiamo immaginare? 
Una maggiore unione non potrà che essere una unione a trazione tedesca; ciò porterà da un lato a maggiore attenzione ai deficit di bilancio a breve e lungo termine, dall’altro ad uno “smantellamento chirurgico” della burocrazia di Bruxelles, da sempre mal sopportata, ma sopportata, prima da Bonn e poi da Berlino.

giovedì 23 giugno 2016

La perfida Albione, la guerra d'Etiopia, il crollo degli Imperi.



Da “” Il “Gioco degli Imperi”. La Guerra d’Etiopia e le origini del secondo conflitto mondiale “”, Eugenio di Rienzo, NRS, 2016



“” “L’intera trattativa Hoare-Laval sull’Etiopia e sull’accordo aereo franco-inglese aveva avuto un obiettivo essenziale: la Germania. Vanisttart (British Foreign Office, ndr) e io avevamo dato questo significato al progetto lungamente e laboriosamente negoziato. Disincagliare l’Italia dall’Africa al più presto, prima che la Germania potesse profittare, con un gesto definitivo e inconsulto, della situazione di tensione e di attrito determinatasi tra le Potenze ex-alleate già convocate a Stresa (https://it.wikipedia.org/wiki/Fronte_di_Stresa ), insinuandosi tra l’Italia e queste Potenze, profittando del turbamento e del disordine di Ginevra, cristallizzando la posizione dell’Italia fuori della Società delle Nazioni e considerata come colpevole e Stato aggressore. Il motivo che mi aveva spinto ad accettare le trattative con Vansittart era stato duplice, lo stesso era stato per lui. Si trattava di regolare la questione etiopica e ritornare, al più presto, a Stresa, ma senza indebolire l’Italia, in modo che essa potesse tornare alla sua funzione anti-tedesca in Europa. Da parte sua, Laval aveva un doppio quesito da risolvere: cercare di non compromettere i vantaggi dell’accordo sottoscritto con Mussolini, il 7 gennaio e profittare della tensione tra Roma e Londra per portare l’Inghilterra all’accordo militare anglo-francese, che essa aveva sempre respinto. Il rifiuto delle proposte Hoare-Laval si risolse in un altro successo indiretto della Germania. Si sclerotizzò il dissidio tra Italia e Ginevra, tra Italia e Londra e si spinse Hitler a osare.” (Dino Grandi, Il mio Paese. Ricordi autobiografici).

(…)  .. tramontata la possibilità di un accordo amichevole, la risoluzione della questione etiopica poteva essere risolta solo da un confronto militare con l’Italia nel Mediterraneo. Poiché, però, né nessuna delle Nazioni associate alla Lega, né la Russia né gli Stati Uniti, né la Francia né i Dominions erano disposti ad un’escalation militare, la sola Gran Bretagna avrebbe dovuto intraprendere quest’azione al prezzo di rischi altissimi per la sicurezza dell’Impero, qualora Giappone e Germania avessero approfittato della situazione per sovvertire l’equilibrio di potenza in Asia e in Europa.

“Strang (Foreign Office, ndr) mi ha confidato che, se era facile per l’opinione pubblica criticare il paino Hoare-Laval, pochi però sembravano rendersi conto che, venuta meno questa possibilità, l’intera procedura contro l’Italia sarebbe dipesa unicamente dall’intervento della marina britannica. Tutte le informazioni in possesso dell’Ammiragliato concordavano nel ritenere che l’Italia fosse pronta e ben preparata per affrontare uno scontro nel Mediterraneo. Al contrario, la Gran Bretagna non lo era in nessun modo.  La Royal Navy era, infatti, più adatta a manovrare nei grandi spazi oceanici che in quelli più ristretti del Mediterraneo. Alla mia richiesta di chiarimenti sulla posizione della Francia, Strang rispose che su di essa non si poteva fare affidamento. L’opinione pubblica di quella Nazione era contraria a un’azione di forza e, come risultava da informazioni dettagliate in possesso del governo inglese, le sue difese costiere non erano in grado di reggere l’urto di un attacco italiano. Dovendo agire da sola, la marina britannica era destinata a subire perdite pesanti, specie all’inizio delle ostilità. Quello che poi preoccupava Strang era la minaccia nipponica in Estremo Oriente e il comportamento delle altre Potenze. Nessuno poteva prevedere la reazione della Russia. La Germania, postasi fuori della Lega, costituiva un’altra e più inquietante incognita. Gli Stati Uniti si sarebbero mantenuti in uno stato di neutralità benevola ma nulla di più ci si poteva attendere da essi. Anche i Dominions, era presumibile, avrebbero evitato di soccorrere con le armi la madrepatria. Se, dunque, le sanzioni militari contro l’Italia restavano affidate alla sola azione delle forze navali inglesi, Londra non poteva assumersi la responsabilità d’iniziare un conflitto, senza prima aver esperito un tentativo di conciliazione. Inoltre anche se le proposte Hoare-Laval fossero state rigettate da Mussolini, lo scarsissimo entusiasmo di Parigi per una soluzione militare non sarebbe aumentato anche dopo l’adesione del Regno Unito a una soluzione di compromesso. Se pure questa soluzione fosse stata respinta, Laval avrebbe potuto sostenere che la Gran Bretagna non era disposta a prendere su di sé gli oneri di un conflitto e che anzi era pronta a spingersi più lontano della Francia nelle concessioni a Mussolini, pur di conservare la pace”. (Documents on Irish Foreign Policy, IV. 10 March 1932-31 December 1936)

(…) Anche Cadogan (sotto-segretario Foreign Office, ndr), il 12 gennaio, interveniva nel dibattito con una lunga e articolata missiva indirizzata a Eden (Foreign Secretary, ndr), dove gli si faceva osservare che un nuovo indugio nell’apertura delle trattative avrebbe ingigantito i sospetti che Mussolini nutriva sulle intenzioni inglesi con il risultato di aggravare lo stato di tensione a ridosso di Suez e di consolidare l’intesa politico-militare tra Roma, Berlino e Tokio.

“ Molto probabilmente l’unico risultato del nostro rifiuto sarà di spingere il Governo di Roma ad accentuare le varie forme di ostilità nei nostri confronti (propaganda radiofonica, campagna di stampa, attività sovversive in Egitto e più in generale nel mondo arabo). In questo modo la situazione di un’Italia, a noi pregiudizialmente avversa, legata da vincoli di amicizia al Giappone e ormai ben installata a cavallo delle nostre vitali linee di comunicazione tra Mediterraneo e Oceano Indiano, non potrà che danneggiare gravemente la nostra libertà di azione in Estremo Oriente. Inutile poi aggiungere che il mancato riconoscimento dell’impresa abissina, da parte nostra, spingerà Mussolini a consolidare l’asse Roma-Berlino (addirittura fino all’alleanza militare tra Italia e Germania), accrescendo le manifestazioni di forza militare del regime nazista e la sua capacità di ricattarci impunemente. Credo che voi conveniate con me sul fatto che Hitler ci chiederebbe di acquistare la sua amicizia a un prezzo più alto, se noi avessimo al nostro fianco un’Italia decisamente ostile e non semplicemente neutrale.” (The Diaries of Sir Alexander Cadogan).

(…) Il 31 ottobre 1938, prima che il brodo di cultura dello sciovinismo fascista avesse raggiunto questo punto di ebollizione, Chamberlain e Halifax (Prime Minister e Foreign Secretary, ndr) tentarono di salvare il salvabile, chiedendo di incontrare Mussolini. Una decisione, questa, assunta nella convinzione che il perdurare della tensione tra Parigi e Roma avrebbe distrutto persino il simulacro del già pericolante Patto di Pasqua (con cui Londra aveva accettato, di fatto, l’annessione dell’Etiopia, ndr) e affrettato la marcia di avvicinamento dell’Italia verso la Germania., “se non si fosse concessa la capo del governo italiano una libertà di movimento superiore a quella di cui gode ora per aiutarlo a sfuggire ai maneggi di Hitler”. Con un tale obiettivo il premier britannico e il Foreign Secretary si recarono a Roma, dove si trattennero dall’11 al 13 gennaio 1939 per una serie di colloqui. Queste consultazioni, secondo la testimonianza del Capo gabinetto di Ciano, Filippo Anfuso, finirono, però, per spinger il Duce a “regolare la questione dell’alleanza con il Reich” in un senso esattamente contrario ai desideri dei suoi interlocutori. Mussolini, infatti, vide “negli accenni del premier britannico e in quelli di Halifax il tentativo di staccarlo dalla Germania, non perché importasse a Londra e a Parigi di assicurarsi il concorso italiano”, ma soltanto “per evitare un accrescimento della potenza tedesca ritenuta preoccupante”. E se “l’ultima considerazione lo colpì”, facendogli valutare ancor più positivamente la possibilità di una più stretta intesa politico-militare con Berlino, “la prima lo offese profondamente”, come una prova della scarsa considerazione in cui Londra e Parigi tenevano ancora la nuova Italia fascista. “”