mercoledì 31 dicembre 2014

La caduta del margine industriale italiano.



Il margine industriale delle imprese italiane si è dimezzato dal 38% della metà degli anni ’90 a poco meno del 20%, oggi. Che cosa ha determinato, in larga parte, questo “crollo”? La risposta si chiama “produttività marginale”: assumendo come base 100 la produttività del 1997, l’Italia è scesa a fine 2013 a 97,1 mentre la Germania è salita a 110,8. In termini pratici, la Germania può anche aumentare i salari del 10,8 % senza passare a “segno meno” di competitività rispetto a noi
Che fare per recuperare produttività, in assoluto e nei confronti di altri paesi con vocazione industriale? 
L'Italia ha 2 sole possibilità: abbassare i salari (cosa che nessuno ha intenzione di fare),  oppure far scendere il Costo del Lavoro per unità di Prodotto (CLUP). Il Centro Studi Confindustria ha appena aggiornato i dati dell'andamento del CLUP: nell'industria italiana, il  CLUP è aumentato del 15% dal 2000 al 2007, e di un altro 22% da allora a fine 2014. In Germania il CLUP continua a essere oggi inferiore al 2000, dopo aver perso il 9% per effetto delle riforme Schroeder nei primi anni 2000, e poi aver recuperato poi 8 punti fino a oggi. In Spagna era aumentato del 15% come da noi fino al 2007, ma da allora si è fermato. 
Ognuno ha la sua ricetta; la “meno peggio” sembra essere “gambe in spalla, e pedalare!”.

martedì 30 dicembre 2014

Il Debito Estero italiano al 30.9.2014.




Banca d’Italia comunica la consistenza del Debito Estero italiano al 30.9.2014: 1.988.272 milioni, per il 58% fatto di debito della P.A., di cui 79.797 milioni a breve termine (il 6% del totale) e 692.374 milioni a medio e lungo termine (il 52%), che sono le emissioni di titoli di stato sottoscritti e detenuti da investitori esteri, per totali 772.171 milioni detenuti, quindi, da soggetti esteri, una percentuale del 36,2% del debito della P.A. totale (centrale e locale), che era di 2.134.008 milioni al 30.9.2014. In meno di 2 anni, il Debito pubblico italiano è cresciuto del 7,2% in valore relativo e di 144.154 milioni in valore assoluto, poiché era pari a 1.989.934 milioni al 31.12.2012.
Le banche italiane hanno emesso debiti a breve (2.949 milioni, lo 0,2%) e medio e lungo termine (169.210 milioni, il 12,7%) detenuti da soggetti esteri, seguite da altri settori (185.517 milioni a medio e lungo termine, il 13,9%, e 41 milioni a breve termine); la banca centrale ha un debito verso l’estero di 210.909 milioni.
Altrettanto interessante, e sempre alla stessa data del 30.9.2014, la Posizione Patrimoniale sull’estero, negativa per 483.266 milioni: somma algebrica di attività sull’estero per 2.136.378 milioni e passività per 2.619.544 milioni (che escludono, nei conti forniti da Banca d’Italia, i debiti della stessa banca di emissione).
L’analisi di dettaglio degli Investimenti Diretti mostra attivi sull’estero di 537.802 milioni e passivi di 390.030 milioni, con un saldo positivo di 147.773 milioni; gli Investimenti di Portafoglio in azioni di società estere sono 506.276 milioni, mentre quelli in società italiane detenute da soggetti esteri sono 223.500 milioni, con un saldo positivo di 262.775 milioni: gli italiani hanno investito assai in azioni e società estere (incluse le società produttive) all’estero anche negli ultimi 12 mesi (erano 418.256 milioni al 30.9.2013, in aumento di 88.020 milioni, + 21%), mentre gli investimenti azionari di soggetti esteri sono assai meno, il 44,1% dell'ammontare degli investimenti italiani sull’estero.
La proporzione si inverte per i titoli di debito (pubblico e privato): soggetti italiani detengono 409.533 milioni di debito estero, mentre soggetti esteri detengono 1.129.888 milioni di debito italiano (pubblico e privato). In 1 anno, i titoli di debito estero detenuti da italiani sono rimasti stabili (erano 401.544 milioni al 30.9.2013: +2%), mentre sono cresciuti del 18,4% gli investimenti esteri in titoli di debito emessi da soggetti italiani: + 175.544 milioni (erano 954.344 milioni al 30.9.2014).
Le riserve ufficiali sono rimaste invariate (115.621 milioni al 30.9.2014 contro i 115.393 milioni al 30.9.2013).
Il Debito pubblico aumenta al ritmo di oltre il 4% annuo, il PIL diminuisce di circa l’1% l’anno, gli italiani fanno investimenti in azioni e società estere ad un ritmo del +12% annuo; la resilienza non parla italiano, ma viene tenuta in vita da inguaribili poeti e marinai, ancora capaci di navigare in acque limitrofe, meglio protette.

lunedì 29 dicembre 2014

Tassa sul sacco, tassa nel sacco.




In Svizzera, oltre il 70 % della popolazione paga lo smaltimento dei rifiuti secondo il principio “chi inquina paga”; ogni Comune adotta la “tassa sul sacco”, variabile da località a località, ed in funzione della dimensione del sacco e del suo uso, acquistabile presso gli uffici comunali ed al supermercato: si chiama Zuri Sack a Zurigo (il cui costo varia a seconda della grandezza, fra 1 e 4 FrSv); a Basilea un sacco della spazzatura da 35 litri costa due franchi e 30 centesimi (1 euro/1,20 FrSv). Ogni utente può usare solo quel tipo di sacchetto per buttare i propri rifiuti. La "tassa rifiuti" è quindi compresa nel prezzo del sacchetto, e varia da luogo a luogo, in base ai costi sostenuti dalla collettività per lo smaltimento (rigorosamente differenziato). Ogni busta che è diversa da quella prevista non viene raccolta dall’operatore. In questo modo si è incentivati a ridurre i propri rifiuti, come si è verificato costantemente dal momento dell’adozione del sistema. Ovviamente, i furbi ci sono dappertutto; ma gli svizzeri sono tenaci verso gli irrispettosi: denunciano all’amministrazione chi fa il furbo ed usa un semplice sacchetto di plastica per buttare i propri rifiuti. Dopo la terza segnalazione, la polizia municipale apre i sacchetti e di solito riesce a risalire al trasgressore che viene severamente, e “svizzeramente”, multato. Il sistema è semplice, facilmente comprensibile (paga di più chi produce più immondizia), applicato in modo corretto e non “a capocchia”. Essendo chiaro e razionale, non sarà mai adottato in Italia, dove di immondizia, come dire?, ce ne intendiamo.

domenica 28 dicembre 2014

La legge della rivoluzione industriale.



“”Il Dio della Natura ha stabilito una legge giusta ed equa che l’uomo non ha il diritto di infrangere; se si azzarda a farlo, è sempre certo che prima o poi cadrà sul suo capo la punizione che merita … Così, quando i padroni spingono la loro audacia al punto di unire la propria forza per poter meglio opprimere i loro dipendenti, con quest’atto essi insultano la maestà del cielo e si attirano la maledizione di Dio: e d’altra parte, quano i dipendenti si uniscono per estorcere ai loro datori di lavoro quella parte di utile che spetta di diritto al padrone, anch’essi violano in tal modo le leggi dell’equità.”” Così scriveva Donald Read (“”Press and People 1790-1850””, 1961, p. 26): vi era un ordine nell’universo, ma non era più lo stesso ordine del passato; vi era un solo dio, che si chiamava vapore e parlava con la voce di Malthus, di McCulloch e di tutti quelli che facevano uso di macchinari; questa era l’Inghilterra della rivoluzione industriale.

sabato 27 dicembre 2014

Privatizzare, privatizzare! Contrordine, compagni.




Iniziata nel 2012, la procedura per la privatizzazione, i.e. la vendita della maggioranza, della torinese GTT, la società che gestisce i trasporti urbani e suburbani (5.000 dipendenti, 900.000 utenti), ha trovato ostacoli crescenti ed evidenti. Nel 2012 Trenitalia aveva fatto una offerta di 70 milioni per acquistare il 49% della società, offerta ritenuta non congrua dal Comune di Torino. Si è quindi ripartiti con una nuova ricerca nel 2013 e nel 2014 (dopo aver anche cambiato il management aziendale). Nel 2014, ecco infine ricevute indicazioni di possibile interesse all’acquisto sino all’80% di GTT da parte di Trenitalia, degli anglo-tedeschi di Arriva (Gruppo Deutsche Bahn) e delle ferrovie francesi SNCF, attraverso la controllata Keolis, in quella che fu definita una “fase di dialogo competitivo”; tutto bene? No: l'ipotesi ha trovato l'opposizione di parte della maggioranza (a cominciare dai consiglieri di Sel). Accantonata quindi l'idea di cedere la maggioranza della società, entro il 31 dicembre 2014 Torino dovrà aprire la nuova gara per trovare un socio di minoranza in GTT. Prima di Natale si sono defilate, nuovamente, Arriva e Trenitalia: forse si sono chiesti “perché spendere 80-100 milioni per investire in una società non contendibile e contare poco nella governance?”. Il Comune, imperterrito, sprizza fiducia: scorporo del ramo “Parcheggi e strisce blu” e sua vendita separata; scissione di alcuni immobili "strategici", che saranno acquisiti dal Comune, e delle reti in fibra. E pronta una cura dimagrante: uscita di personale, circa 120 addetti nel 2015, con (comodo) scivolo verso la pensione, né esodati né gente a spasso. Il biglietto lo paga il cittadino.