martedì 2 ottobre 2018

Il silenzio degli industriali


Il silenzio degli industriali, di Luigi Einaudi
«Corriere della Sera», agosto 1924

Le rappresentanze degli industriali, dei commercianti e degli uomini d'affari si sono finora mantenute in un silenzio così prolungato intorno agli avvenimenti politici più recenti da far dubitare forte se esso non sia il frutto di una meditata deliberazione.
Contro lo stato di illegalismo, contro le minacce di seconda ondata, contro la soppressione della libertà di stampa hanno protestato i giornali, i collegi professionali degli avvocati, i partiti politici pure aderenti al governo attuale, come i liberali, ed alta si è sentita ieri la voce dei combattenti. Soltanto i capitani dell'Italia economica tacciono.
Gli industriali non approvano le minacce; ma, affettando di considerare gli agitati gridatori come degli innocui maniaci, insistono sulla necessità preminente di un governo forte; e ritengono che la tranquillità sociale, l'assenza degli scioperi, la ripresa intensa del lavoro, il pareggio del bilancio siano beni tangibili, effettivi, di gran lunga superiori al danno della mancanza di libertà politica, la quale, dopotutto, interessa una minoranza infima degli italiani, alle cui sorti essi scarsamente si interessano.
Non a torto corre nel mondo dei finanzieri un vago senso di malessere che induce gli speculatori ad alleggerire le posizioni, a stare ad aspettare. Lo speculatore valuta zero il passato. Quel che conta è solo l'avvenire. Si vorrebbe vedere nell'avvenire sicurezza, tranquillità, non imposte con le minacce, ma conquistate con la persuasione. Non pochi temono che l'ondata, rovesciandosi, colpisca in pieno l'industria, considerata responsabile degli eccessi peggiori del regime di coercizione. L'opinione pubblica, è inutile tacerlo, considera in blocco con sospetto gli industriali.
Per debolezza, per lasciar correre, per non aver fastidi, gli industriali italiani hanno commesso la propria rappresentanza ad alcuni pochi, i quali reputano atto supremo di saggezza comprar la pace giorno per giorno, propiziarsi con tributo adeguato i potenti della terra, ottenere per largizione ciò che avrebbero diritto di pretendere per giustizia.
Stiano attenti i mal consigliati! Se c'è qualcosa che oggi in Italia possa rendere l'animo delle moltitudini favorevole nuovamente a barbare teorie orientali, sconfessate oramai da tutti i capi responsabili del movimento operaio del mondo occidentale, questo qualcosa non è l'attrattiva del vangelo di Mosca; è la repulsione verso le prediche di violenza e di compressione.
Ben fragili sono le fondamenta di mercati finanziari che riposano su un terreno così sdrucciolevole. Non senza ragione i valori di borsa rifiutano di salire più in su.
Risaliranno, nel giorno in cui, - essendo pienamente liberi gli operai di abbandonare il lavoro sotto la guida di quei qualunque condottieri, bianchi, rossi o tricolorati, che liberamente essi si saranno scelti - gli scioperi non avranno luogo od avranno luogo in scarso numero perché industriali lungimiranti avranno saputo evitare a tempo la sciagura, con trattative accorte, con sforzi vittoriosi per concedere il massimo possibile alle maestranze, pur facendo vigoreggiare l'intrapresa.
La politica del silenzio, in momenti così drammatici, delle rappresentanze industriali, prende, agli occhi del pubblico, aspetto servile.

Luigi Einaudi

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