sabato 22 settembre 2018

Dal caso Kavanaugh una lezione per l'Italia?

Questo articolo è apparso su Econopoly de Il Sole 24 ore il 22 settembre 2018.  


L’amministrazione pubblica dovrebbe attrarre le migliori risorse, essere trasparente nei suoi meccanismi di selezione, basata sul concetto della “porta girevole” per quanti siano chiamati a ruoli apicali dai responsabili governativi: finito il mandato, si torna a casa. Con una esperienza importante alle spalle, da mettere a frutto nel settore privato.


Fantascienza? E quando mai, e dove mai questo può avvenire?


Avviene regolarmente, e dal 1871, negli Stati Uniti; in particolare, tutte le candidature a posizioni “sensibili”, come ministri, responsabili di agenzie federali, consulenti del Presidente, giudici della Corte Suprema (una sorta di Corte Costituzionale) devono passare il vaglio del Senato americano, che ha alcuni poteri esclusivi (di cui la Camera è priva): il Presidente necessita del suo consenso per nominare funzionari e giudici federali.

Così, ogni 4 anni al rinnovo della presidenza, o quando sono previste nomine di particolare importanza, inizia una sorta di “processo al candidato” proposto dal Presidente; il candidato (o candidata) deve fornire informazioni complete, veritiere, consapevoli sulla sua esperienza; viene sottoposto ad un vero e proprio esame da parte di una commissione del Senato USA che “gli fa le pulci” su ogni aspetto della sua vita professionale e personale, potendo chiedere risposte a domande “sensibili” come, ad esempio, se abbia fumato spinelli ai tempi del college, avuto rapporti sessuali non consenzienti, completato un iter di studi, avuto atteggiamenti disdicevoli nei confronti di minoranze (e gli USA sono un crogiolo di minoranze, un vero “melting pot”), avuto rapporti con paesi considerati nemici del paese, e così via. 



E chi avesse tempo di seguire la vicenda scoprirebbe come funziona un sistema di “checks & balances”, di controlli preventivi e ponderati, nella difficile (talora senza successo) nomina di un ministro, di un funzionario statale di alto livello, di un giudice federale.

Il caso del giorno verte sulla affidabilità futura di un candidato giudice della Corte Suprema accusato (si noti bene, accusato e non ancora processato o condannato, cosa che potrebbe avvenire solo dopo un iter processuale ancora da immaginare) di tentata violenza carnale nei confronti di una collega di college (università), quando sia egli che la vittima che lo accusa erano minorenni; si parla di un fatto accaduto decenni fa (che per la legge dello stato dove il fatto sarebbe avvenuto non è soggetto a prescrizione) che solo oggi viene alla luce. 

Vi chiederete perché questo fatto accaduto decenni fa sia oggi così importante; la ragione è legata alla seguente questione: una persona che sia stata autore di una violenza carnale con quale spirito si troverà domani, come giudice supremo, a giudicare una persona accusata dello stesso reato? Sarà “simpatetico” con l’autore del reato, seppure inconsapevolmente, e quindi verrà meno ai suoi doveri di giudice imparziale e soggetto solo alla legge, e non ai sentimenti ed alle emozioni? O sarà così obiettivo da giudicare solo ed esclusivamente secondo diritto?


L’esempio portato sembrerà lontano ed estraneo alla nostra cultura; non entriamo nel merito della questione. 
Ci limitiamo a portarlo all’esame del lettore per evidenziare l’attenzione, diremmo spasmodica, del sistema legale e costituzionale americano verso il rispetto del regole, scritte e non scritte: il decoro, la buona creanza, l’educazione, il proprio agire anche se ormai passato non sono cose inutili o da dimenticare, se non disprezzare; stanno al centro dell’essenza del vivere in uno stato e per uno stato che cerca, talora riuscendovi e talaltra non riuscendovi, di rispettare la legge ed i fondamenti del vivere civile e decoroso.


Ovviamente, qualsiasi riferimento a persone, vicende, casi italiani è puramente casuale. Parola di giovane marmotta.



Per approfondire:





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