mercoledì 21 gennaio 2015

Lo stato introvabile.



“” lo Stato italiano si presenta come un ordinamento a doppio fondo, dove l’autoritarismo delle norme scritte è attenuato dal lassismo della loro applicazione, l’accentramento delle strutture e dei processi decisionali è equilibrato dal negoziato continuo centro-periferia, la distinzione fra lecito ed illecito è spesso soppiantata (…) da più complesse scale di obblighi, per cui un comportamento può essere obbligatorio, raccomandato, permesso, riprovato, vietato.””

Sabino Cassese, “Lo stato introvabile”, 1998, pg. 80

Commento al decreto sulle banche popolari.



Il Governo nella giornata di martedì 20 gennaio 2015 ha approvato il d.l. "Investment Compact" nel quale è previsto un "cambio epocale" (dopo decenni di sterili dibattiti ed accese polemiche) per le banche popolari, ma solo per quelle con attivi sopra gli 8 miliardi; sono 10 le popolari in Italia che nei prossimi 18 mesi dovranno superare la regola del “voto capitario” (1 voto indipendentemente dal numero di azioni possedute) che in questa tipologia di banca ha sinora significato “controllo bloccato”; la norma (non ancora disponibile nel testo definitivo) elimina l’articolo 30 del T.U. bancario (TUB) che recita “ogni socio ha un voto, qualunque sia il numero delle azioni possedute” e prevede il tetto dell’1% per la partecipazione del singolo socio ed un numero minimo di soci (200). 



Breve sintesi sui “pro” e “contro” della riforma.



Fra i “pro”, indichiamo la “contendibilità” del controllo azionario anche per le banche popolari: essa dovrebbe favorire il corso delle azioni, più appetibili per azionisti che sinora sono stati lontani da questa categoria di azioni, ed i mercati hanno anticipato questa possibilità, con quotazioni in rialzo per le banche popolari quotate. Altrettanto rilevante, la “corporate governance” non sarà più appannaggio di “gruppi chiusi” che in assemblea, e nella vita quotidiana di molte banche popolari (emblematica la storia della B.P.Milano), esprimono interessi specifici, troppo spesso in contrasto con una sana gestione del credito. Forse non termina qui la storia di tanti “Amici” della banca (così si chiama una associazione di dipendenti, ex-dipendenti, sindacalisti, parenti ed affini), ma certamente le prospettive per una gestione meno sindacalizzata e più manageriale sembrano arridere alle banche popolari.



Fra i “contro”, una nota di demerito al governo per aver modificato il quadro normativo con un decreto-legge senza un dibattito preventivo e contemporaneo con gli “stakeholders”, aver limitato la riforma ad alcuni aspetti formali (voto capitario, in primis) senza una chiara formulazione di un disegno complessivo di riordino del settore bancario, aver previsto una modifica solo per le banche popolari di rilevanti dimensioni.



In sintesi: una riforma attesa da decenni, che va nella direzione corretta, ma che avrebbe meritato di essere inserita in un disegno complessivo di orientamento (ma non intervento) del settore bancario, che si trova ad affrontare un altro anno difficile da “posizioni di retroguardia” (come evidenziato dal “Comprehensive Assessment” di fine 2014): fra il 2004 (quando i crediti vs/clienti delle banche italiane erano 979 miliardi di euro) ed il 2008 (1.424 miliardi a fine dicembre) i crediti bancari sono cresciuti di 445 miliardi, circa il 10% annuo. Da tale picco, i crediti erogati sono costantemente diminuiti, ed a settembre 2014 si sono fermati a 1.240 miliardi, 186 miliardi in meno: un crollo, con tanti colpevoli e tanti feriti. Nel breve volgere fra giugno 2013 e settembre 2014 i crediti deteriorati sono passati dal 9,5% del totale dei crediti alla clientela al 10,9%, assestandosi, a settembre 2014, all’88,9% del capitale netto delle banche (una percentuale che sarebbe stata superiore, in assenza degli aumenti di capitale nel frattempo eseguiti da molte banche). Le banche hanno necessità di buoni capitali, buoni azionisti, buoni manager, buoni clienti. Sine qua non.



Pubblicato il 21 gennaio 2015 su AdviseOnlyBlog #IlGraffio di Corrado Griffa

Il “ruling fiscale”.


Nelle intenzioni dell’Agenzia delle Entrate, è necessario “”un serio tentativo di pacificazione e una profonda volontà di confronto”” fra fisco cittadini ed imprese, in un contesto normativo “certo” che possa “”contribuire in termini significativi allo sviluppo e all’internazionalizzazione delle nostre imprese””. La prima, importante occasione è la “ridefinizione del ruling internazionale”, che finora ha toccato prezzi di trasferimento (“transfer price”), interessi, dividendi e “royalties”, una procedura che si sostanzia nell’accordo tra fisco ed impresa con attività estere con cui le parti definiscono le “regole” sino a 5 periodi di imposta. “”Vogliamo estenderlo con un oggetto più ampio che, se il legislatore sarà d’accordo, riguardi anche altre materie””. Cittadini ed imprese attendono, senza “se”.

Age management.



I lavoratori “over 50” sono 17 milioni, sono aumentati di 1,6 milioni negli ultimi 10 anni e le previsioni li indicano in 22,5 milioni nel 2033: “”i lavoratori over 50 in Italia oggi costituiscono un’importante risorsa non soltanto nella dimensione delle relazioni familiari e sociali, ma anche nel mondo produttivo”” e richiedono una adeguata gestione manageriale. Si chiama “age management” e si prefigge di ottenere 5 risultati: potenziare la flessibilità aziendale interna; aumentare il clima di partecipazione all’interno dell’azienda; pianificare il loro “percorso di uscita” al termine del periodo lavorativo; impostare politiche retributive coerenti; sviluppare in modo adeguato la formazione continua degli “over 50”. L’”invecchiamento attivo” è una risorsa per valorizzare le risorse “anziane” che possono contribuire, in modo decisivo e con il loro supporto di esperienza conoscenza e comprensione delle dinamiche aziendali, alla crescita delle nuove leve.

martedì 20 gennaio 2015

Popolari, ancora per quanto?


Il Governo nella giornata di oggi martedì 20 gennaio 2015 approva il d.l. "Investment Compact" nel quale è previsto un "cambio epocale" (dopo decenni di sterili dibattiti ed accese polemiche) per le banche popolari, ma solo per quelle con attivi sopra gli 8 miliardi; sono 10 le popolari in Italia che nei prossimi 18 mesi dovranno superare la regola del “voto capitario” (1 voto indipendentemente dal numero di azioni possedute) che in questa tipologia di banca ha sinora significato “controllo bloccato”; la norma (non ancora disponibile nel testo definitivo, alle ore 19:30 di oggi) dovrebbe anche eliminare l’articolo 30 del T.U. bancario (TUB) che recita “ogni socio ha un voto, qualunque sia il numero delle azioni possedute” e prevede il tetto dell’1% per la partecipazione del singolo socio ed un numero minimo di soci (200). 

Una riforma benvenuta che potrà portare alla “contendibilità” del controllo azionario anche delle banche popolari; la contendibilità dovrebbe favorire anche il corso delle azioni, più appetibili per azionisti che sinora sono stati lontani da questa categoria di azioni:  i mercati ne hanno anticipato il film, con quotazioni in rialzo per le banche popolari quotate.

Una riforma che però stride con una riforma di segno opposto, varata pochi mesi orsono per le società di capitali (incluse le banche quotate): il voto multiplo, o plurimo, con cui è possibile assegnare diritti di voto multipli ad alcuni azionisti, con l’effetto di stabilizzare il controllo di pochi azionisti, con un sforzo ridotto. 
 
Siamo dell’avviso che il principio “una azione, un voto” sia preferibile sia al principio del voto plurimo, sia al principio del “loyalty scheme”, ed a maggior ragione al voto capitario: tutti principi che in concreto raggiungono, o possono far raggiungere, esiti equivalenti e contrari alla concorrenza ed al libero mercato.

lunedì 19 gennaio 2015

Risorse provinciali per i tribunali.




Con la abolizione formale delle province ed il blocco del “turnover” nelle P.A. centrale e locale, il governo si attende fra i 12.000 ed i 15.000 dipendenti in meno, un obiettivo numerico che deve però sostanziarsi in un miglioramento della qualità dei servizi, ad avviso del governo stesso. Il ministero della P.A. sta lavorando su un piano ambizioso: “”se riusciremo a spostare 2.000 persone dalle province ai tribunali probabilmente riusciremo a rendere più efficiente il sistema giustizia””. Passati i tempi delle assunzioni di 30 “camminatori” al Tribunale di Palermo, si punta sui più solerti dipendenti provinciali, ricordando che le competenze delle province includevano tutela dell’ambiente, gestione delle strade provinciali, pianificazione del territorio e del trasporto pubblico, controllo di quello privato, gestione dell’edilizia scolastica. “”L’ambizione non è un vizio da gentucola” (Michel de Montaigne).