martedì 20 gennaio 2015

Popolari, ancora per quanto?


Il Governo nella giornata di oggi martedì 20 gennaio 2015 approva il d.l. "Investment Compact" nel quale è previsto un "cambio epocale" (dopo decenni di sterili dibattiti ed accese polemiche) per le banche popolari, ma solo per quelle con attivi sopra gli 8 miliardi; sono 10 le popolari in Italia che nei prossimi 18 mesi dovranno superare la regola del “voto capitario” (1 voto indipendentemente dal numero di azioni possedute) che in questa tipologia di banca ha sinora significato “controllo bloccato”; la norma (non ancora disponibile nel testo definitivo, alle ore 19:30 di oggi) dovrebbe anche eliminare l’articolo 30 del T.U. bancario (TUB) che recita “ogni socio ha un voto, qualunque sia il numero delle azioni possedute” e prevede il tetto dell’1% per la partecipazione del singolo socio ed un numero minimo di soci (200). 

Una riforma benvenuta che potrà portare alla “contendibilità” del controllo azionario anche delle banche popolari; la contendibilità dovrebbe favorire anche il corso delle azioni, più appetibili per azionisti che sinora sono stati lontani da questa categoria di azioni:  i mercati ne hanno anticipato il film, con quotazioni in rialzo per le banche popolari quotate.

Una riforma che però stride con una riforma di segno opposto, varata pochi mesi orsono per le società di capitali (incluse le banche quotate): il voto multiplo, o plurimo, con cui è possibile assegnare diritti di voto multipli ad alcuni azionisti, con l’effetto di stabilizzare il controllo di pochi azionisti, con un sforzo ridotto. 
 
Siamo dell’avviso che il principio “una azione, un voto” sia preferibile sia al principio del voto plurimo, sia al principio del “loyalty scheme”, ed a maggior ragione al voto capitario: tutti principi che in concreto raggiungono, o possono far raggiungere, esiti equivalenti e contrari alla concorrenza ed al libero mercato.

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