domenica 17 aprile 2016

Gli uomini sono abitudinari; non amano le variazioni improvvise. Erano abituati a pagare le uova..



"" Per molti, l’idea del giusto prezzo si connette con la consuetudine. Gli uomini sono abitudinari; non amano le variazioni improvvise. Erano abituati a pagare le uova in media, tra la state ed il verno, 2 lire la dozzina e si inquietano vedendo le uova andare su e giù. Costoro avrebbero anche, probabilmente, considerato ingiusto pagarle solo 50 centesimi; e reputano ingiustissimo pagarle oggi 5 o 6 o 7 lire. Circostanza interessante, gli economisti partecipano a questa aspirazione degli uomini. Anch’essi ritengono desiderabile che i prezzi in generale – non i singoli prezzi, che è cosa impossibile – subiscano poche variazioni. Essi aggiungono però – ma il popolo ed i prefetti ed i sindaci quasi sempre se ne dimenticano – che per ottenere il desiderabile risultato sarebbe necessario possedere una moneta la quale avesse una potenza d’acquisto costante. Da tempo gli economisti vanno alla cerca di questa moneta; né si può dire che i loro studi siano rimasti infruttuosi, sebbene per ora immaturi all’applicazione.
Oggi, però, non esiste in Italia, né altrove, una moneta avente una capacità di acquisto costante. Quando gli uomini parlano di 2 lire come di un prezzo «giusto» per la dozzina d’uova, intendono riferirsi alla unità monetaria lira, quale s’usava un tempo e con la quale sempre s’era usato comprare le dozzine d’uova. Ma la lira d’oggi è una cosa ben diversa dalla lira di prima della guerra. Da una interessante relazione dell’on. Alessio alla Giunta generale del bilancio ricavasi che le lire, ossia i pezzi di carta circolanti con questo nome, erano 3 miliardi e 593 milioni al 31 dicembre 1914 ed erano salite a 12 miliardi e 274 milioni al 31 dicembre 1918. Probabilmente ora abbiamo superato i 13 miliardi. Come è possibile che la lira, di cui ci sono ora 13 miliardi di unità, sia la stessa cosa della lira di cui ce n’erano solo 3 miliardi e 593 milioni di unità? Essa è una cosa tutt’affatto diversa. Essa è deprezzata, precisamente come lo sarebbero tutte le merci di cui si producesse una quantità strabocchevolmente più grande di prima. Non è evidente perciò che l’idea che il prezzo «giusto» delle uova sia di 2 lire la dozzina, è un’idea ragionevole finché le unità di moneta con cui le uova si cambiano rimangono suppergiù di 3 miliardi e 593 milioni – centinaia di milioni più o meno non monta -; ma diventa un’idea priva di senso quando, non essendo cresciute nel frattempo né galline né uova, le unità di moneta quasi si quadruplicano, diventando 13 miliardi? La lira, sia di carta o d’oro, non ha nessun valore fisso, immutabile. Come tutte le altre merci, vale più o meno a seconda che essa è meno o più abbondante. L’arte di governo sta nel farne variare lentamente e con accortezza la massa circolante. Questo vogliono, questo sempre predicarono – al deserto – gli economisti. Invece le lire sono divenute moltissime; e col loro moltiplicarsi tutte le idee degli uomini intorno al «giusto» prezzo delle cose devono forzatamente cambiare.""

(Luigi Einaudi, La lotta contro il caro viveri, «Corriere della Sera», giugno - luglio 1919, in Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925))

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