venerdì 1 luglio 2016

Tutti in Ape!



APE, acronimo per anticipo pensione: la proposta del governo di prevedere l’accesso anticipato, 3 anni prima della naturale maturazione del diritto alla pensione INPS, presenta significativi aspetti di riflessione, seppure il quadro sia ancora in via di definizione, soprattutto in termini di impatti che esso è idoneo a produrre.  Eccone alcuni preliminari.


Primo: una anticipazione dell’età di accesso alla pensione  impatta sul coefficiente di trasformazione del montante contributivo (quanto versato sino al momento dell’accesso alla pensione di vecchiaia) in rendita: governo ed INPS dovranno chiarire i termini tecnici dell’operazione, che non saranno “neutri” rispetto all’effettiva determinazione della pensione; la tecnica attuariale aiuterà i governanti a prendere una decisione saggia o, meglio, saranno essi disposti a tenere conto degli effetti di questa loro decisione? In termini generali, andare in pensione prima significa avere un periodo più lungo di pensionamento davanti a sé di accesso alla pensione: il montante contributivo accumulato dovrà servire a coprire 3 anni in più di vita pensionistica attesa: ... la coperta è sempre quella, e deve coprire 3 anni in più…


Secondo: APE è una risposta a quali esigenze? Ne elenchiamo alcune: (1) la necessità da parte del sistema produttivo di “rinnovare” la forza-lavoro, favorendo l’uscita di lavoratori anziani e (forse) l’ingresso di forze giovani; non avendo i mezzi per sostenere una uscita forzosa (ristrutturazioni), ecco che APE risponde alla necessità delle imprese; (2) la richiesta da parte del mondo del lavoro (rectius, sindacale) di favorire l’accesso alla pensione di alcune categorie di lavoratori anziani, che hanno maturato una considerevole entità di anni di servizio, e che a causa della normativa sul riordino della materia pensionistica si sono viste precluse “finestre di uscita” (“tanto paga Pantalone…!”).


Terzo: chi paga l’APE? Non avendo risorse accumulate sufficienti, l’INPS non è in grado di anticipare il pagamento delle pensioni a chi aderirà all’APE; paga quindi il pensionando, attraverso uno schema semplice, ma ricco di interessanti (e preoccupanti) particolari:


(a) il pensionando richiede ed accede ad un prestito pari all’ammontare dell’”assegno APE” richiesto (che potrà essere inferiore alla pensione piena): il debitore è quindi il pensionato, che si fa finanziare a fronte di un montante contributivo, quindi degli accantonamenti pensionistici fatti negli anni (non entriamo nella tematica se questi accantonamenti/versamenti siano adeguati: è la “vexata questio” retributivo vs/ contributivo, già affrontata in passato su queste pagine); il debito ha durata di 20 anni: ... “ad multos annos” è un ottimo augurio, ma non varrà per tutti;


(b) la banca eroga il prestito pari all’”assegno APE” (lordo...) di cui viene richiesto il pagamento anticipato, rispetto alla naturale maturazione della pensione: domanda è “ma chi si sente di finanziare un 64enne per 20 anni?”; la risposta è semplice: una banca, sempre che sia adeguatamente garantita, ed a fronte di una remunerazione (tasso di interesse applicato) adeguato al rischio sottoscritto;


(c) il pensionando si indebita per il totale (lordo) pari all'assegno (sempre lordo) di tanti anni quanti sono gli anni di cui chiede l'anticipo: ricordiamo, per puro accanimento terapeutico nei confronti del pensionando, che tale totale comprende anche la quota destinata al pagamento delle imposte sul reddito (che possono essere pari ad oltre 1/3 dell'assegno lordo) dovute; in termini terra-terra, il pensionato si indebita con la banca "anche" per pagare le tasse ...: "allegria, che tanto paghi sempre tu, povero neo-pensionato!";

(d) la “quadratura del cerchio” (ossimoro di sempre difficile coniugazione ma oltremodo agevole negli annunci dei nostri governanti) è allora presto fatta: le banche applicheranno al prestito un tasso di mercato maggiorato di uno spread coerente con la durata del prestito stesso (20 anni), ma se si considera che sottostante al prestito c’è la futura erogazione di un flusso reddituale “certo e certificato” da parte dell’INPS, il rischio-debitore per la banca sarà basso, e si annullerà grazie alla previsione che il prestito sarà sostenuto da una garanzia nella forma di una polizza assicurativa che copre il prestito fatto, garanzia ovviamente pagata dal pensionando/pensionato con un adeguato premio annuo (che andrà a ridurre il “quantum” della pensione);


In conclusione: il pensionato accede alla pensione; il pensionato si indebita anche per pagare le imposte sul reddito; la banca migliora il proprio portafoglio-prestiti con finanziamenti ad una tipologia di debitore che beneficerà di flussi reddituali certi per il prossimo futuro (non proprio l’eternità, ma forse sino a 20 anni, giusto il tempo di rimborsare il prestito bancario…); la compagnia assicurativa incassa il premio sull’assicurazione-vita che garantisce il rimborso del prestito in caso di premorienza del debitore (pensionato).


Ma quale valutazione degli impatti! Benvenuti al Campo dei Miracoli: questa volta Pinocchio, la Volpe ed il Gatto che cosa combineranno?

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