Iniziata nel
2012, la procedura per la privatizzazione, i.e. la vendita della maggioranza,
della torinese GTT, la società che gestisce i trasporti urbani e suburbani
(5.000 dipendenti, 900.000 utenti), ha trovato ostacoli crescenti ed evidenti. Nel
2012 Trenitalia aveva fatto una offerta di 70 milioni per acquistare il 49%
della società, offerta ritenuta non congrua dal Comune di Torino. Si è quindi
ripartiti con una nuova ricerca nel 2013 e nel 2014 (dopo aver anche cambiato
il management aziendale). Nel 2014, ecco infine ricevute indicazioni di
possibile interesse all’acquisto sino all’80% di GTT da parte di Trenitalia, degli
anglo-tedeschi di Arriva (Gruppo Deutsche Bahn) e delle ferrovie francesi SNCF,
attraverso la controllata Keolis, in quella che fu definita una “fase di dialogo
competitivo”; tutto bene? No: l'ipotesi ha trovato l'opposizione di parte della
maggioranza (a cominciare dai consiglieri di Sel). Accantonata quindi l'idea di
cedere la maggioranza della società, entro il 31 dicembre 2014 Torino dovrà
aprire la nuova gara per trovare un socio di minoranza in GTT. Prima di Natale
si sono defilate, nuovamente, Arriva e Trenitalia: forse si sono chiesti
“perché spendere 80-100 milioni per investire in una società non contendibile e
contare poco nella governance?”. Il Comune, imperterrito, sprizza fiducia:
scorporo del ramo “Parcheggi e strisce blu” e sua vendita separata; scissione
di alcuni immobili "strategici", che saranno acquisiti dal Comune, e
delle reti in fibra. E pronta una cura dimagrante: uscita di personale, circa
120 addetti nel 2015, con (comodo) scivolo verso la pensione, né esodati né
gente a spasso. Il biglietto lo paga il cittadino.
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