lunedì 2 maggio 2016

Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi: la “riforma” delle BCC.



Un estratto di questo articolo è stato pubblicato nella rubrica #IlGraffio su AdviseOnlyBlog in data  2.5.2016.




Entro il 15 giugno 2016 le BCC dovranno fare una scelta cruciale per il loro futuro: le BCC con un patrimonio superiore ai 200 milioni di euro potranno avvalersi della “way-out” che consiste nell’istanza a Banca di Italia di voler procedere al conferimento della loro attività bancaria ad una SpA controllata dalle banche conferenti (opzione concessa anche a BCC di dimensioni inferiori che volessero aggregarsi con una BCC di maggiori dimensioni); oppure, accettare la adesione ad una nuova struttura, prevedibilmente una holding, ed in questo caso gli indizi sembrano puntare sull’utilizzo di Iccrea Holding, una banca di secondo livello partecipata al 90% dalle BCC stesse. I tempi sono stretti, ma i nodi da risolvere sono tanti ed intricati.

Le BCC in Italia sono tante: 390 (47 nella provincia di Bolzano, 41 in quella di Trento, 41 in Friuli Venezia Giulia, e poi 37 in Lombardia e via via sino alle 9 di Piemonte e Calabria); poche (12) hanno un patrimonio superiore alla soglia di 200 milioni per poter continuare in modo autonomo (fra queste, la BCC di Roma che ha un patrimonio di 700 milioni, la Banca d’Alba che è seconda per patrimonio, alcune BCC emiliane e lombarde).



Dinanzi al bivio, che fare?



Innanzi tutto, non è ancora chiaro e deciso quale struttura e/o veicolo farà da holding di sistema, anche se Iccrea Holding sembra il veicolo prescelto.

Se così fosse, sarebbe da rivedere sia l’assetto partecipativo poiché è possibile che le BCC che oggi hanno un peso rilevante nell’azionariato di Iccrea Holding vogliano uscirne, avendo molte di esse (le 12 sopra menzionate) un patrimonio superiore ai 200 milioni che consente loro di navigare in modo autonomo, senza doversi aggregare con altre BCC; in tal caso, un destino diverso avrebbe la holding, che perderebbe i “pesi massimi”, ed aggregherebbe i “pesi medi e piccoli”.

A seguire, andrebbe rivisto il sistema di governo aziendale, la c.d. “governance”.

Ma altri punti sono ancora da definire, per un settore che ha avuto indubbi problemi (ed AdviseOnly ne ha diffusamente scritto nel recente passato) e che “deve” trovare una nuova “missione”.



Ne elenchiamo alcuni:



1. operatività territoriale: oggi, le BCC operano su aree geografiche limitate al localismo, sia per la raccolta che per gli impieghi alla clientela; un diverso assetto organizzativo (quanto accadrebbe con la creazione di una holding “di sistema BCC”) come potrà definire ed affrontare la presenza su aree geografiche diverse, spesso con caratteristiche economiche (settori e distretti industriali, specializzazioni, …) molto diverse?


2. erogazione del credito: oggi, le BCC erogano credito a realtà spesso piccole, a proprietà familiare, talora micro-imprese, tenendo conto di criteri di valutazione del merito di credito facendo riferimento a rapporti fra fido concesso e patrimonio della banca che limitano (o dovrebbero limitare) l’esposizione e quindi la concentrazione del rischio; in uno scenario ove vi fosse una holding di sistema adeguatamente patrimonializzata, questi criteri verrebbero superati, consentendo la concessione di fidi anche a realtà imprenditoriali di maggiori dimensioni (“corporate”)? In caso affermativo, verrebbe “snaturata” la natura (sinora) cooperativistica delle BCC (e questa osservazione viene fatta senza entrare nel merito se tale natura sia buona o meno buona, da superare o mantenere);


3. competenze di valutazione del credito: valutare il merito di credito di una PMI è attività assai diversa dal valutare il merito di una impresa grande, con attività diversificate, spesso con una struttura di partecipazioni diversificate per attività e geografia; immaginare che con un “colpo di bacchetta magica” le competenze cambino e si adattino ad un nuovo scenario è impresa affascinante, ma assai complessa e dall’esito incerto.



Sottoporsi ad un intervento di chirurgia plastica è spesso affascinante per chi abbia perso, col tempo, la bellezza e la forma; ma spesso il risultato finale non soddisfa chi ad esso si sottopone, oltre all’occhio degli altri. Temiamo che (anche) in questo caso mettere mano ad una riforma senza aver chiarito le conseguenze operative e strutturali porterà ad una “incompiuta” con danno per la clientela attuale; ma che attendersi dal “diavolo che fa le pentole, ma non i coperchi”?.




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