giovedì 7 luglio 2016

La Islampolitik germanica.



“” Il profeta della Islampolitik germanica era il barone Max von Oppenheim. Nato nel 1860 in una dinastia di banchieri (..) profondamente ostile all’Impero britannico, Oppenheim fu uno dei primi a chiedere a gran voce che la Germania stringesse rapporti con il mondo musulmano come arma contro di esso. Già nel 1906 Oppenheim prevedeva che “In futuro l’Islam avrà un ruolo centrale…(La) impressionante potenza e forza demografica delle terre islamiche avranno un giorno grande importanza per gli stati europei”. Il barone voleva imbrigliare quella forza a vantaggio della Germania. Quando nell’agosto 1914 scoppiò la guerra, Oppenheim istituì a Berlino un “ufficio della jihad” con lo scopo di produrre propaganda panislamica che istigasse rivolte nel Nord Africa francese, nell’Asia centrale russa e nel gioiello della corona britannica, l’India, con i suoi 80 milioni di musulmani. Oppenheim diede assicurazioni al cancelliere che, se anche le ribellioni non si fossero concretizzate, la semplice minaccia di un sollevamento musulmano in India avrebbe “costretto l’Inghilterra ad accettare condizioni di pace a noi favorevoli”. 
Molti Giovani turchi, apertamente secolari, per quanto liquidassero questa tattica definendola “la jihad fatta in Germania”, ritenevano comunque che una certa dose di fanatismo religioso avrebbe potuto essere usato contro l’Intesa (Inghilterra, Francia, Russia; ndr). Enver (ministro della guerra ottomano; ndr) aveva cominciato ad apprezzare il potere dell’Islam quando aveva combattuto in Libia nel 1911. Se prima di partire quella che invocava era una guerriglia contro gli italiani, una volta sul terreno cominciò a vedere il conflitto in termini di guerra santa. Nelle sue lettere, Enver descriveva i volontari libici come “fanatici musulmani che vedono la morte di fronte al nemico come un dono di Dio” e lui stesso fu oggetto di una sorta di devozione in quanto genero del califfo. (…) Membri influenti della leadership unionista (ottomana; ndr) erano convinti che la jihad, potente arma nel periodo iniziale dell’Islam, poteva essere resuscitata per essere usata come sorgente di forza nell’incombente conflitto con le grandi potenze europee.””


(“La Grande Guerra nel Medio Oriente. La caduta degli Ottomani 1914/1920”, di Eugene Rogan, 2016, pgg. 75-77)

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