Ambigua, sempiterna, invocata come panacea o
rifuggita come peste, la Demagogia, come un fiume carsico, riemerge ad
ogni crisi sistemica, politica, sociale.
Demagogia, termine di origine greca (composto di demos,
"popolo",
e agein, "trascinare"), indica un comportamento politico che
attraverso false promesse vicine ai desideri del popolo mira ad accaparrarsi il
suo favore. Spesso il demagogo fa leva su sentimenti irrazionali
e bisogni sociali latenti, alimentando la paura o l'odio nei confronti dell'avversario politico o di
minoranze utilizzate come "capro
espiatorio" e come "nemico pubblico", utile alla formazione
di un fronte comune, uniformato temporaneamente dalla medesima lotta e dunque
scevro di dissenso interno.
Lo storico Tucidide
definiva "demagoghi" (capi popolo) tutti gli Ateniesi che, in seguito
alla morte per peste di Pericle nel 429 a.C., cercavano di prendere il suo posto
ingannando e seducendo l'assemblea popolare ateniese, tramite false promesse ed
istigazione contro gli avversari politici.
Fu Platone a dare un'ulteriore
definizione di demagogia: questa è nient'altro che la forma di governo corrotta
che deriva dalla democrazia, forma virtuosa del governo di molti. Platone
aggiunge che in caso di governo corrotto la forma migliore tra le tre possibili
(tirannide, oligarchia e demagogia) era proprio la demagogia, perché almeno
veniva salvaguardata la libertà.
Successivamente, Aristotele approfondì
ulteriormente la definizione, affermando che la demagogia è la peggiore possibile
tra le forme di governo, poiché mira a favorire in maniera indebita i poveri
rispetto ai ricchi, incorrendo nell'errore di considerare tutti gli uomini
uguali in tutto, mentre sono uguali solo per natura.
Quanti mali hanno
fatto, e continuano a fare, le forme di governo nelle mani di improvvidi “apprendisti
stregoni”, che mai mancano al gran banchetto della politica.
La demagogia
rivive una nuova giovinezza nell’era moderna, minacciando di ripetere i “fasti”
dell’ era imperiale romana (I
- III secolo d.C.), quando una parte sostanziale della società era composta da
nullatenenti e disoccupati, il potere politico favoriva e assecondava le
aspettative e i bisogni primari di questa fetta della popolazione, per ottenere
consensi ed evitare rivolte. Il risultato è ben descritto dal poeta Giovenale in
un celebre motto: "panem et circenses" cioè "pane e
spettacoli del circo". Venivano (forse verranno…) elargite razioni di
cibo, denaro e spettacoli pubblici. I costi altissimi venivano sobbarcati dalle
province dell'impero che pagavano ingenti tasse alla capitale.
La storia,
specie quella peggiore, si ripete con costanza matematica.
Sine qua non.
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