sabato 13 dicembre 2014

L'Italia all'indomani delle elezioni del 18 aprile 1948.



“” Il volto dell’Italia del 18 aprile non era molto diverso da quello prebellico; anche se si tiene conto delle distruzioni e degli sconvolgimenti provocati dalla guerra, il fatto che i livelli produttivi del 1938 furono raggiunti di nuovo soltanto agli inizi degli anni ’50 giustifica da solo l’impressione di uno sviluppo economico e sociale stagnante, incapace di assicurare il sostentamento di tutti gli italiani. La popolazione, nonostante le perdite dovute alla guerra, risultava notevolmente aumentate rispetto al periodo prebellico: il censimento del 1951 indicava la popolazione presente in 46.737.700 unità di contro alle 42.024.600 del 1936; la densità era passata da 140 a 155 abitanti per chilometro quadrato. Il Mezzogiorno vedeva aumentare la propria incidenza demografica rispetto al 1936, passando dal 36,1 al 37,2 per cento, nonostante la molto maggiore incidenza dell’emigrazione: nel periodo 1871-1951 questa aveva assorbito il 27 per cento dell’incremento naturale della popolazione di tutta la penisola, ma, per il Mezzogiorno, tale percentuale saliva al 37,5. L’aumentata pressione demografica, quindi, non trovava un’adeguata risposta nello sviluppo produttivo, e da qui, sostanzialmente, traeva origine il fenomeno della disoccupazione di massa. (…). Ancora nel 1953 il reddito pro capite degli italiani era all’incirca il 40 per cento di quello dei francesi, il 35 per cento di quello dei belgi, il 60 per cento di quello dei tedeschi, un settimo di quello degli americani. “”


Storia d’Italia. Dall’Unità ad oggi. Libro 12. Dall’Italia fascista all’Italia repubblicana. Pagg. 2485-2486. Einaudi/IlSole24Ore, 2005.


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