“” Negli anni
1860, un nuovo vocabolo entrò nel dizionario economico e politico mondiale: “capitalismo”.
(…) Fu il trionfo di una società convinta che lo sviluppo economico poggiasse
sull’intrapresa privata concorrenziale, sul successo nel comprare ogni cosa
(compresa la forza-lavoro) sul mercato meno caro e nel venderla sul più caro. Un’economia
basata su questi presupposti, e quindi poggiante in tutta naturalezza sulle
sane fondamenta di una borghesia composta di coloro che l’energia, il merito e
l’intelligenza avevano sollevato fino alla loro posizione, e ve li mantenevano,
avrebbe creato – si pensava – un mondo in cui non solo la ricchezza materiale
fosse equamente ripartita, ma la ragione trionfasse, all’uomo si schiudessero
nuove opportunità, e scienze ed arti progredissero, insomma, un mondo di
continuo e accelerato progresso materiale e morale.””
“” Mai l’euforia
economica nel mondo degli affari fu al suo zenit come nei primi anni Sessanta
(dell’Ottocento). (…) Poi venne il crack. Esso fu drammatico anche per i gusti di
un periodo che amava le impennate e le tinte forti dei suoi boom economici:
21.000 miglia di ferrovie americane in piena bancarotta, le quotazioni dei
titoli tedeschi precipitate del 60% circa fra il culmine del boom e il 1877, e –
forse ancor più significativo – ferma quasi la metà degli altiforni nei principali
paesi siderurgici del pianeta. Il fiume di emigranti nel Nuovo Mondo si ridusse
a un minimo rivoletto. Fra il 1865 e il 1875, assai più di 200.000 ne erano
arrivati ogni anno a New York: nel 1877, non superarono i 63.000. Ma,
diversamente da più antiche depressioni del grande boom secolare, sembrava che
questo non dovesse mai aver fine. Ancora nel 1889, un volume tedesco che si
presentava come “introduzione agli studi economici per funzionari e
commercianti” osservava che “dal crack di borsa del maggio 1875 (…) la parola
crisi è rimasta con solo brevi interruzioni sulle labbra di tutti” – proprio in
Germania, cioè nel paese la cui ascesa economica non aveva cessato in questo
periodo di essere spettacolare! Alcuni storici hanno messo in dubbio l’esistenza
di quella che si è chiamata la Grande Depressione dal 1873 al 1896; ed è vero
che essa non fu nulla di così drammatico come quella dal 1929 al 1934, quando l’intero
meccanismo dell’economia mondiale rischiò clamorosamente di arrestarsi. Ma i
contemporanei non ebbero il minimo dubbio che il grande boom fosse stato
seguito da una grande depressione.””
Eric Hobsbawm, “Il trionfo della
borghesia. 1848/1875”, Laterza, 1994, pg. 3 - 56
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