PIL in calo dello 0,4%, debito pubblico al 132,1% del PIL, pressione
fiscale complessiva in aumento al 43,5% sul PIL: ecco i dati salienti offerti
dall’ISTAT a conclusione di un altro “annus horribilis”; aggiungendo che la
possibilità di stare entro il 3% di deficit/PIL dipenderà (anche, e non
banalmente) dalla riduzione dell’onere sugli interessi passivi, grazie alla
benevolenza degli interventi BCE di varia natura (incluso QE prossimo venturo):
si sopravvive anche sulle aspettative. Le entrate fiscali nel 2014 sono
cresciute dello 0,6% rispetto al 2013, salendo al 48,1% sul PIL, le entrate
correnti sono cresciute dello 0,9% per effetto del +3,3% del gettito IVA e
dell’introduzione della TASI, aumento percentuale dello 0,9% che in termini
concreti raddoppia, poiché c’è stata una riduzione dello 0,9% per ridotta
tassazione IRES (l’economia va male …): ma le tasse non dovevano diminuire? la
domanda resterà senza risposta. Le spese della P.A. sono cresciute dello 0,8%
raggiungendo il 51,1%/PIL: ma non doveva esserci una severa “spending review”?
altra domanda che resterà senza risposta. In base ai principi di contabilità
nazionale adottati in ambito UE, la pressione fiscale complessiva (imposte
dirette, imposte indirette, in conto capitale e contributi sociali) ha
raggiunto il 43,5% battendo un nuovo record (fu il 43,4% nel 2013). Dati
contestati dal MEF, che afferma che la “misura degli 80 euro” ha ridotto la
pressione IRPEF ed aumentato il netto in busta paga.
Effetti para-normali del
solito tipo.
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