Il MIPA
(Ministero delle Politiche Agricole) non è solo il ministero che governa l’agricoltura
italiana: attraverso un numero (imprecisato) di enti, società ed agenzie, è
anche azionista di molte imprese agricole, gestore dei fondi agricoli europei e
molto altro. Nomi come ISA, AGEA, SIN, SIAN, INEA, ISMEA, AGECONSULT, CRA
suonano come quegli scioglilingua per mettere in imbarazzo, e ci riescono.
Per
mettere subito sul piatto di che si tratta, ricordiamo che l’AGEA, l’Agenzia
per le erogazioni in agricoltura, è demandata a gestire 27 miliardi di aiuti
PAC (il Piano Agricolo Comunitario della UE) per gli anni 2014-2020, cioè 4
miliardi annui, ma nel frattempo è stata commissariata, dopo che è stata (tardivamente)
rilevata una maxi-truffa (dossier falsificati per trattenere fondi), denunciata (inutilmente) da anni sia dalle
organizzazioni agricole che dalla Corte de Conti (truccati, ci verrebbe da
aggiungere). Come corollario (“what else?”),
il ministro pro-tempore ha sottolineato la necessità di accelerare il riassetto
degli enti che fanno capo al MIPA: “”stiamo
lavorando alla revisione della governance di AGEA e SIN per garantire la totale
trasparenza dei pagamenti in agricoltura”” anche attraverso “”la revisione dell’attuale sistema di
gestione e di sviluppo del SIAN, nonché degli organismi pagatori a livello
regionale”” (dichiarazione del
ministro Martina, dicembre 2014), da realizzare entro 6 mesi, per venire
incontro ai rilievi della Corte dei Conti: “”inefficienze organizzative”” con riferimento al “”mancato rispetto delle norme sugli
accertamenti ed alle assunzioni degli impegni””, con “”allocazioni contabili errate e discrasie in operazioni di partite di
giro””. Senza dimenticare – aggiungiamo sommessamente, ma non vorremmo
sollevare l’ennesimo scandaloso polverone -- che accanto ai carrozzoni romani, ci sono
quelli regionali (le regioni sono 19 più 2 province autonome).
Non
poteva mancare, nella peggiore tradizione italiana (ma non c’è limite al
malcostume istituzionalizzato?), un mega-riassetto degli enti agricoli: un bel
disegno di legge nel frattempo presentato al Senato. La Commissione Agricoltura
della Camera Alta ha rilevato una “galassia” che “vale” 3 miliardi; subito (sì,
ma non in modo letterale, suvvia …) si mette in moto un iter per perseguire --
sempre nella peggiore tradizione italiana (che nel frattempo appare sempre più “italiota”)
– efficienza, valorizzazione delle professionalità, risparmi. Accorpamenti di
AGEA in MIPA, soppressione di AGECONSULT, “restyling” di INEA e suo
trasferimento nel Consiglio per la ricerca in agricoltura (CRA). Non può
mancare lo “spazio per i giovani” (under 40) da avviare alla imprenditoria
agricola (“mutui a tasso zero”), controlli semplificati, revisione degli strumenti
di gestione del rischio (che sino ad oggi è stato “the name of the game”), taglio di adempimenti (“apri la tua impresa
in 60 giorni!”), sostegno alla ricerca, e poi misure per l’export, credito di
imposta per lo sviluppo del “made in Italy” (siamo o non siamo nell’anno dell’EXPO?),
avvio del “brand unico” (ma che roba è?). Ulteriore, ilare dramma è che
qualcuno possa davvero crederci ed impegnarsi per mettere il tutto in pratica.
Ma forse
ci sbagliamo, forse non è tutto così nero, c’è qualcosa anche in grigio.
L’ISA,
Istituto per Sviluppo Agroalimentare, è una società partecipata al 100% dal
Ministero delle Politiche Agricole (MIPA), che interviene nel capitale di
società del settore italiane: sinora, ha sviluppato 137 progetti, con 500
milioni di investimenti, generando 91,6 milioni di dividendi per il MIPA nel
periodo 2012-2014; fra gli investimenti effettuati, si annoverano interventi
sul capitale e/o sul debito in Bisol (spumanti e vini, partecipata del gruppo
Lunelli/Ferrari), Granarolo, Conserve Italia, Gruppo Italiano Vini, Ferrarini,
Orogel, Italcarni, Spreafico, Amadori, Rigoni, Mataluni; ben 37 progetti
finalizzati, dal 2006. Ortofrutta, zootecnia, vino insieme fanno l’80% degli
interventi fatti, per il 35% in Emilia Romagna e per il 21,8% in Veneto. Il progetto
di riassetto del 2014 sopra ricordato ne prevedeva la fusione con ISMEA
(Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare), ma ora è tutto superato
nell’ottica di una razionalizzazione di “funzione, compiti e risorse umane,
strumentali e finanziarie” dei 2 enti, che allargano il loro campo di azione.
ISA debutta nella distribuzione e logistica dei prodotti agricoli e della
pesca, rafforzando l’impegno del MIPA nel settore distributivo-logistico.
ISA e
ISMEA saranno allora quella strana coppia dell’investment banking agricolo
all’italiana?
Va bene,
anzi benissimo, sostenere l’agricoltura nazionale; ma con quale logica? Sulla base
di quale disegno industriale e di filiera? E le imprese concorrenti delle “137
best-in-class” non avranno nulla da ridire? O vorranno partecipare al
banchetto?
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