giovedì 19 febbraio 2015

Decreti, annullamenti, banche (pseudo) popolari ... benvenuti in Italia.


La IV sezione del Consiglio di Stato ha annullato il decreto del MEF che l’8 febbraio 2013 aveva disposto il commissariamento della Banca popolare di Spoleto (che popolare non è: absit iniuria verbis) su richiesta della Banca d’Italia; il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso di 3 ex-consiglieri della Spoleto, ha ribaltato la precedente decisione del TAR (che aveva ritenuto corretto il comportamento del MEF) contestando “l’eccesso di potere del difetto di istruttoria” perché il MEF “avrebbe dovuto eseguire un’attività istruttoria” autonoma rispetto a quella fatta da Banca d’Italia, verificando la sussistenza, o meno, delle cause che hanno portato al decreto della banca centrale; “l’atto di impulso della Banca d’Italia costituisce una proposta obbligatoria senza la quale cioè non potrebbe iniziarsi il procedimento” di commissariamento, ma tutto ciò “non impone al MEF di accettarne in modo acritico e dogmatico il contenuto, in quanto l’ordinamento gli attribuisce la facoltà di discostarsi dalla proposta a determinate condizioni” (che il Consiglio di Stato peraltro non declina). Nella sentenza, il Consiglio di Stato rileva come, dopo la richiesta di Banca d’Italia, vi sia stato un “mutamento della situazione patrimoniale della BPS” con un deficit che si era ridotto da 19,4 milioni a 9,6 milioni: si noti, non un ritorno alla redditività (elemento forse non sufficiente, ma necessario per un “ritorno in bonis”) ma un ridotto passivo; e come la banca centrale italiana abbia negato l’autorizzazione ad un aumento di capitale di 100 milioni che avrebbe migliorato la situazione patrimoniale della banca spoletina. Sinora, mai era accaduto che il MEF si opponesse ad una proposta di Banca d’Italia. L’affare si ingrossa, e non poco: nel frattempo, BPS è stata infatti acquisita dal Banco di Desio.

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