sabato 10 ottobre 2015

Quel drone leggero come un’ape.



Il drone (in inglese significa fuco) è entrato nel linguaggio e nell’uso quotidiano: in Italia sono censite 550 imprese che producono ed utilizzano droni, per un fatturato annuo totale di 350 milioni, e medio/azienda di 700.000 euro; ancora poco, ma stanno crescendo “a volo d’ape” grazie al loro crescente utilizzo in agricoltura (per monitorare lo sviluppo e la crescita dei raccolti, la presenza e la disinfestazione di insetti dannosi, la necessità e distribuzione dell’acqua da irrigamento), fotografia aerea, rilievi topografici, analisi ambientali, ricerca e salvataggio, controllo remoto di impianti, edilizia, rilevazione archeologiche, spegnimento di incendi. Il loro costo è contenuto, fra i 1.500 ed i 2.000 euro nelle versioni base, e sfruttando la tecnologia vi si possono aggiungere optional sempre più richiesti. Accanto a quelli volatili, stanno crescendo quelli terrestri (un loro utilizzo importante è nella ricerca di ordigni da disinnescare) ed acquatici (per l’analisi delle acque, lo stato della fauna marina, forse anche la ricerca di tesori nascosti). La loro crescita è stata inattesa e sorprendente: nel 2010 la Federal Aviation Authority USA ne aveva previsto una crescita sino ad un parco-droni di 15.000 nel 2020, ma ogni mese negli USA se ne vendono quasi 15.000, segno di un successo eclatante. Accanto agli utilizzi autorizzati ed utili, cresce anche un utilizzo a fini criminali, dal trasporto di sostanze stupefacenti ai furti, come il rischio di un loro utilizzo a fini terroristici.

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