martedì 3 marzo 2015

I numeri del 2014.



PIL in calo dello 0,4%, debito pubblico al 132,1% del PIL, pressione fiscale complessiva in aumento al 43,5% sul PIL: ecco i dati salienti offerti dall’ISTAT a conclusione di un altro “annus horribilis”; aggiungendo che la possibilità di stare entro il 3% di deficit/PIL dipenderà (anche, e non banalmente) dalla riduzione dell’onere sugli interessi passivi, grazie alla benevolenza degli interventi BCE di varia natura (incluso QE prossimo venturo): si sopravvive anche sulle aspettative. Le entrate fiscali nel 2014 sono cresciute dello 0,6% rispetto al 2013, salendo al 48,1% sul PIL, le entrate correnti sono cresciute dello 0,9% per effetto del +3,3% del gettito IVA e dell’introduzione della TASI, aumento percentuale dello 0,9% che in termini concreti raddoppia, poiché c’è stata una riduzione dello 0,9% per ridotta tassazione IRES (l’economia va male …): ma le tasse non dovevano diminuire? la domanda resterà senza risposta. Le spese della P.A. sono cresciute dello 0,8% raggiungendo il 51,1%/PIL: ma non doveva esserci una severa “spending review”? altra domanda che resterà senza risposta. In base ai principi di contabilità nazionale adottati in ambito UE, la pressione fiscale complessiva (imposte dirette, imposte indirette, in conto capitale e contributi sociali) ha raggiunto il 43,5% battendo un nuovo record (fu il 43,4% nel 2013). Dati contestati dal MEF, che afferma che la “misura degli 80 euro” ha ridotto la pressione IRPEF ed aumentato il netto in busta paga. 
Effetti para-normali del solito tipo.


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