martedì 16 giugno 2015

Casino all’americana.


Illegale nella maggior parte degli USA, il gioco d’azzardo ha visto una crescita dopo la legge del 1988 detta Indian Gaming Regulatory Act che ha permesso alle tribù native americane di gestire casinos nei loro territori; da allora, sono attivi oltre 60 casinos; oltre 1 statunitense su 3 vi ha giocato; per l’87% degli statunitensi il gioco d’azzardo è una attività lecita. Fra maggio ed i primi giorni di giugno 2015, 22.374 partecipanti alla “World Series of Poker”, dietro il pagamento di una quota di partecipazione di 565 US$, hanno giocato per dividersi un “jackpot” di 11.187.000 US$, ed il vincitore si è portato a casa 638.880 US$; il prossimo luglio si replicherà con un “jackpot” di 70.000.000 US$. La febbre del gioco infiamma gli USA: il poker è la somma di fortuna ed abilità e sembra ben rappresentare, opportunamente aggiornato ai tempi moderni, il “sogno americano”. Decisione, capacità analitica, strategia si fondono per dar vita ad un gioco che non è solo tale, ma qualcosa di più: il segno che l’esposizione al “rischio” e la capacità, od incapacità, di gestirlo e controllarlo è divenuta la principale forma di ineguaglianza della società moderna, rimpiazzando la vecchia categoria della “classe sociale”.  Un segno del cambio dei tempi e dei valori: se negli anni Settanta, a chi glielo chiedesse, i bambini rispondevano che volevano diventare professionisti od astronauti, oggi alla stessa domanda la risposta è diventata “I want to be rich, I want to make a lot of money”. E la vita diventa un azzardo con cui giocare.

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