venerdì 8 gennaio 2016

Hic et nunc.



“” Il tempo non ci è dato. Lo spazio sì. (..) Altra cosa è sapere come ci è dato, e a quale prezzo. (…) La filosofia ha affrontato più spesso il problema del tempo che quello dello spazio: il tempo in effetti è il padrone indiscusso dell’uomo, che dipende da lui, attraverso la memoria, in maniera molto intima, mentre con lo spazio il rapporto si inverte e diluisce. In posizione di pazienti nei riguardi del tempo, di agenti nei riguardi dello spazio, nondimeno li viviamo e li percepiamo insieme. Il movimento, origine di ogni vita, li implica entrambi in maniera indissolubile. Nella coscienza che abbiamo dell’uno e dell’altro si contrappongono impressioni di continuità e di discontinuità, di globalità e di distinzione, grazie alle quali noi ci sperimentiamo e conosciamo le cose. Nessun dubbio che, fin dalle remote e lente origini dell’umanità, ogni discorso sul mondo fu articolato a partire da queste contrapposizioni. La maggior parte delle dottrine che, nel corso dei secoli, la nostra intelligenza ha prodotto, sollecitata dal problema della sua stessa spazio-temporalità, implica gli stessi interrogativi: spazio e tempo sono cose o idee, forme concrete o categorie della comprensione? Emergono nel nostro spirito come dati originari, o non fanno che tradire delle spinte più profonde, se non addirittura una unica spinta? (…) Ogni essere vivente ha il proprio spazio; il tempo lo attraversa. Lo spazio quotidianamente vissuto è in qualsiasi momento irreversibile; il tempo no. (…) Hic et nunc rappresenta universalmente il punto zero (…) “”

Paul Zumthor, La misura del mondo, 1995, pagg. 11-12

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