martedì 19 gennaio 2016

La Berlino del dopoguerra era la capitale mondiale del crimine.



“” La Berlino del dopoguerra era la capitale mondiale del crimine. Ogni giorno venivano denunciate 240 rapine, con un incremento dell’800 per cento rispetto ai dati prebellici, ma si sapeva che quella era solo una piccola percentuale del numero effettivo. Anche le persone protette non potevano considerarsi al sicuro dai ladri. Bande di bambini saltavano sul retro dei camion e arraffavano tutto quello su cui riuscivano a mettere le mani. C’erano numerosi casi di soldati alleati che avevano colpito le mani dei giovani ladri con le baionette per farli smettere; negli ospedali di Berlino, i medici curavano schiere di bambini con le dita mozzate. “Ogni concetto di proprietà è andato completamente perduto” scrisse l’autrice dell’illuminante autobiografia Una donna a Berlino. “Ognuno ruba da chiunque altri, perché ciascuno è stato a sua volta derubato”. (…)
La moneta nazista, il Reichsmark, non aveva più nessun valore e i nuovi Occupation Marks, stampati dagli Alleati nel tentativo di stabilizzare i prezzi e creare una qualche forma di corso forzoso, ebbero una conseguenza inflazionistica non prevista dai pianificatori: distorsero i prezzi nel (piccolo) mercato legale facendoli lievitare a livelli che la maggior parte della gente non poteva permettersi nel (grandissimo) mercato nero. In un periodo in cui la maggioranza delle persone fumava, la vera valuta – compresa come tale e usata quotidianamente – erano le sigarette e, più nello specifico, la marca americana Lucky Strike. Ma c’era anche un’inflazione delle sigarette: all’inizio del 1946, con una Lucky Strike si potevano comprare 4 once (circa 100 grammi) di pane, in estate meno della metà. “Le sigarette hanno assunto un ruolo centrale” affermava un rapporto inviato al Foreign Office dall’unità economica della Commissione di controllo britannica. “Insieme al cioccolato e all’alcol provenienti dalle mense e dai depositi alleati, le sigarette rappresentano probabilmente una delle più grosse minacce alla stabilità finanziaria del Paese”. Questo punto venne ripreso anche da un funzionario americano: “Il problema è che, con l’uso delle sigarette americane come mezzo di scambio, nelle interazioni fra americani e tedeschi i prezzi diventano del tutto sproporzionati. Con un paio di stecche di sigarette, per esempio,  potete comprarvi anche un pianoforte: basta solo che abbiate un mezzo per portarlo via”.
Berlino, stando a un reporter, “aveva il mercato mero più grande di tutti”, con il suo centro nel quartiere di Tiergarten, dove “frotte di soldati si radunano per scambi legali e illegali, incontrando tedeschi che sperano in una vendita rapida.” (…)
I soldati alleati, e in particolare, gli americani, potevano guadagnare enormi somme di denaro sul mercato nero grazie a una gigantesca truffa ai danni dei tedeschi e dei russi disperati (e anche, allo stesso tempo, dei contribuenti americani). Negli spacci dell’esercito americano – i PX, ossia “Post Exchange” – un soldato ame3rciano poteva comprare una stecca di Lucky Strike per un dollaro; sul mercato nero, i sovietici l’avrebbero pagata 100 dollari. Un orologio di Mickey Mouse costava a un soldato americano 3,95 dollari; un russo lo avrebbe pagato 500 dollari, e forse ne avrebbe sborsati anche 1000 per una macchina fotografica che all’americano era costata 14,95. Una volta tornato in patria, con i profitti fatti al Tiergarten un soldato semplice avrebbe anche potuto comprarsi un’automobile. L’esercito americano stata spedendo più orologi, cioccolato e macchine fotografiche a Berlino che a tutti i soldati nel resto del mondo. Ci volle un po’ prima che il dipartimento della Difesa e il dipartimento di Stato scoprissero quanto stava succedendo. La truffa si basava sulla stampa della nuova valuta usata dalle truppe alleate, gli Occupation Marks. In linea con lo spirito di cooperazione fra gli Alleati, le autorità sovietiche e americane condividevano le matrici delle nuove banconote, che vennero stampate in numero di gran lunga superiore a quello che sarebbe stato possibile spendere legittimamente. I soldati americani potevano convertire la nuova valuta in dollari al cambio di dieci a uno, mentre i militari russi che venivano pagati in Occupation Marks non potevano portarli in URSS e cambiarli in rubli: dovevano quindi spenderli in Germania, e lo facevano in orologi, vino e donne.
L’esercito americano stava vendendo beni pesantemente sovvenzionati ai soldati e ricomprava da questi ultimi la nuova moneta, altrimenti priva di valore. (…) La quantità di Occupation Marks stampati in Russia che erano finiti negli Stati Uniti era enorme: “I fondi fatti uscire dalla Germania dai militari americani superavano l’ammontare complessivo delle paghe e delle indennità per un rapporto di sei o sette a uno” stando a un’indagine condotta da una squadra di contabili (…).
“Berlino è la città più immorale del mondo. Corrompe chiunque vi metta piede” (…). Tutte le autorità d’occupazione fecero dei tentativi, poco convinti, di contenere il mercato nero, ma per tutto il 1946 riconobbero comunque la sua funzione essenziale nel nutrire, vestire e dare una casa ai tedeschi. (…) “Non è un’esagerazione dire che ogni uomo, donna e bambino (…) è coinvolto, chi più chi meno, in qualche tipo di traffico illegale. Di fatto, per chi non lo fa è quasi impossibile sopravvivere”.””


Victor Sebestyen, 1946 La guerra in tempo di pace, pagg 78-81, 2016


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