martedì 28 ottobre 2014

Di streghe, indemoniati, colpevoli e testimoni.





La paura, come ben sapevano i domenicani Sprenger e Kramer,  estensori del “Malleus Maleficarum” o “Martello delle streghe” che fu venerato manuale degli inquisitori cacciatori di streghe per almeno un paio di secoli, ti fa ammettere qualunque colpa. Qualunque.
Certo, a volte occorre un po’ di tortura. A volte devi alzare il soggetto legandolo per le braccia e poi rilasciarlo di colpo, a volte devi chiuderlo in una gabbia sospesa (meglio non sapere sopra che cosa o chi.…), o farlo sedere su una sedia arroventata, o fargli provare una calzatura in ferro che lacera le carni, ma comunque prima o poi la confessione l’ottieni.
Alla fine del triste e feroce trattamento, l’inquisito (spesso l’inquisita) pareva dirlo quasi con sollievo: finalmente la nostra eresia avrà fine. Del resto è tutto previsto, lo si legge anche nel Malleus: «La condannata andò a morte molto volentieri, affermando che, anche se avesse potuto essere liberata, avrebbe ugualmente prediletto la morte, pur di sfuggire al potere del diavolo».
 È’  noto che le streghe vennero arse vive più per i misfatti che avrebbero potuto compiere che per quelli effettivamente compiuti: dal compromettere la potentia coeundi, all’infanticidio, dal disporre degli elementi e provocar grandinate e tempeste al suscitare passioni amorose (è il caso di dirlo) dannate e così via lungamente elencando.
Con il Malleus in mano, i magistrati accusavano il sospettato in base al principio fondamentale secondo cui "il reo deve accusarsi da solo e se non lo fa volontariamente qualsiasi mezzo è lecito". Il reo si buttava in acqua con un sasso legato al collo, poi, se affogava, era segno di colpevolezza e di peccato; se galleggiava, era indemoniato e dunque messo al rogo. In ogni caso colpevole. Era ritenuto eretico non solo chi era sospettato di eresia e non confessava di esserlo, ma anche chi, sapendolo, non lo aveva denunciato. Nelle inchieste e negli interrogatori, la regola che veniva applicata alle prove era semplicissima: qualunque fatto su cui giurassero due o tre testimoni veniva accettato come vero e anche come definitivamente provato. Si faceva largo uso di domande trabocchetto, escogitate allo scopo di raggirare sia il sospettato sia il testimone.
Ma quanta fiducia si deve riporre nelle dichiarazioni dei testimoni, le cui accuse sono spesso perpetrate per invidia e malizia (sempre però con il permesso di Dio, che permette la malvagità per sua gloria)?

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