giovedì 6 novembre 2014

Historia magistra vitae: lo standard è romano.

Venticinque secoli fa un popolo di ingegneri innovò in modo definitivo il mondo dei trasporti, “standardizzandolo”. Ad una nazione che volle, riuscendoci, conquistare il mondo apparve evidente la necessità di avere strade con la coppia di tracce dove scorrevano le ruote dei carri sempre uguale (quando le tracce sono costituite, chiunque transiti con un carro avente distanza tra la coppia di ruote diversa da quella degli altri rischia seriamente di non poterle percorrere).
La distanza tra le due ruote di un assale è ovviamente dipendente dalla larghezza del carro. Il carro deve percorrere tutte le strade, quindi esiste un limite ovvio di larghezza massima ed anche uno minimo: trattandosi allora di mera trazione animale, essa era rappresentata da una coppia di buoi affiancati. Il carro standard dall’epoca dell’Impero romano aveva la larghezza di due glutei di bue affiancati, ruote, mozzi compresi, incluse in tale ingombro.
Tutte le ruote dei carri, dall’Impero romano in poi, dovettero avere questo stesso scartamento e, per non rovesciare i carri, questo non fu mutato nel Medioevo e neppure con la Rivoluzione industriale nell’adozione dello scartamento ferroviario, che non fu altro che il trasferimento su rotaia dei solchi stradali. Di fatto lo scartamento ferroviario standard (1.435 mm, pari a 4′ e 8 1/2″), è tale perché è la misura dell’assale romano.
La distanza tra le ruote dei carri è uno dei primi esempi storici della necessità spontanea di costituire uno standard che fu definito naturalmente dai concreti e pratici antichi romani, rigorosamente codificato e rispettato nei secoli. I romani (di allora) hanno costruito, in senso stretto, la loro grandezza sull’ingegneria e sul rigore; ed anche la loro lingua, il latino, è una disciplina rigorosa.

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