sabato 8 novembre 2014

La crisi colpisce sotto la cintura il calcolo delle future pensioni (per chi ci arriverà).




La notizia, attesa per gli addetti ai lavori ed amara per i soggetti ancora al lavoro, è cattiva: il tasso di rivalutazione del montante contributivo per il 2014 è negativo. Detto così, suonerà incomprensibile ai più, per cui occorre spiegare di che si tratta; nel frattempo, un modesto consiglio: abbassate le aspettative di una decorosa pensione.



Partiamo dalle regole di calcolo della pensione (come modificata dalla Legge 335/1995 e successive integrazioni), ripartite fra metodo retributivo (pensione calcolata sulla base della retribuzione degli ultimi anni lavorativi, indipendentemente dal totale dei contributi effettivamente versati: c.d. “pay-as-you-go unfunded defined benefit”) e metodo contributivo (pensione calcolata sulla base dei contributi effettivamente versati, adeguati e ri-valutati annualmente secondo regole predefinite: c.d. “defined contribution”, che nella versione italiana è “unfunded”, cioè senza un patrimonio di previdenza specifico, ed a “capitalizzazione simulata sulla crescita” ).
Anticipiamo che il “coefficiente di rivalutazione” adottato non ha alcun riferimento all’effettivo rendimento dei contributi investiti anno per anno dall’ente pensionistico INPS, nel caso della pensione pubblica o “primo pilastro”, come ci si dovrebbe attendere per un investimento di natura finanziaria a capitalizzazione: “”tanto verso, tanto viene investito, tanto rende, a fine anno tiro la riga e vedo di quanto il capitale iniziale si è incrementato.”” Il coefficiente di rivalutazione è diverso da tutto ciò: il coefficiente di rivalutazione viene calcolato annualmente dall’ISTAT sulla base della variazione del PIL. I più attenti hanno forse già compreso “dove andiamo a parare”: per tutti, aspettate e stupite. 

Un po' di storia...
Per arrivare a chiarire chi rientrasse in una delle 2 categorie, nel 1995 il legislatore fece una prima distinzione fra chi avesse una anzianità contributiva al 31.12.1995 e chi non la avesse, fissando la regola che il criterio di calcolo della pensione variasse a seconda dell'anzianità contributiva maturata dal lavoratore al 31 dicembre 1995: pensione calcolata con il sistema di calcolo contributivo per i lavoratori privi di anzianità al 31/12/1995 (e per coloro che nel frattempo avessero esercitato la facoltà di opzione al sistema di calcolo contributivo).; sistemi retributivo e misto continuano a convivere per i soggetti iscritti al 31/12/1995. Con effetto dal  1° gennaio 2012, anche ai lavoratori in possesso di un'anzianità contributiva di  almeno 18 anni al 31/12/1995 si è infine applicato il sistema di calcolo contributivo sulla quota  di pensione corrispondente alle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1° gennaio 2012.
Quindi, coesistono diversi sistemi di calcolo, e quindi erogazione, delle pensioni: alcuni futuri pensionati andranno in pensione col sistema retributivo (quanti avessero maturato 18 anni di contribuzione al 31.12.1995); altri con un sistema misto (nel caso avessero maturato meno di 18 anni di contribuzione al 31.12.1995, periodo per cui varrà il metodo retributivo, mentre per il periodo successivo al 31.12.1995 varrà il sistema contributivo); altri ancora, e questo vale per tutti quanti non avessero contributi al 31.12.1995, col sistema contributivo.
Quando il sistema andrà a regime? Oltre 30 anni dopo la riforma entrata in vigore dal 31.12.1995. Ad multos annos!
Vediamo ora in dettaglio i sistemi, partendo dal sistema contributivo.

 IL SISTEMA CONTRIBUTIVO
La pensione è calcolata esclusivamente con il sistema di calcolo contributivo per i lavoratori privi di anzianità contributiva al 1° gennaio 1996 e per i lavoratori che esercitano la facoltà di opzione al sistema di calcolo contributivo. Ai fini del calcolo occorre:
  • individuare la retribuzione annua dei lavoratori dipendenti o i redditi conseguiti dai lavoratori autonomi o parasubordinati;
  • calcolare i contributi di ogni anno sulla base dell'aliquota di computo (33% per i dipendenti; 20% per gli autonomi; vigente anno per anno per gli iscritti alla gestione separata);
  • determinare il montante individuale che si ottiene sommando i contributi di ciascun anno opportunamente rivalutati sulla base del tasso annuo di capitalizzazione derivante dalla variazione media quinquennale del PIL (prodotto interno lordo) determinata dall'Istat;
  • applicare al montante contributivo il coefficiente di trasformazione, che varia in funzione dell'età del lavoratore, al momento della pensione, così come riportato nella tabella:
 Coefficienti di trasformazione applicati dal 1° gennaio 2010
Età
Divisori
Coefficienti
57
22,627
4,419%
58
22,035
4,538%
59
21,441
4,664%
60
20,843
4,798%
61
20,241
4,940%
62
19,635
5,093%
63
19,024
5,257%
64
18,409
5,432%
65
17,792
5,620%
tasso di sconto = 1,5%



 Coefficienti di trasformazione in vigore dal 1° gennaio 2013

I divisori e i coefficienti di trasformazione, soggetti a revisione triennale, sono stati rideterminati a maggio 2012 nella misura riportata in tabella
Età
Divisori
Coefficienti
57
23,236
4,304%
58
22,647
4,416%
59
22,053
4,535%
60
21,457
4,661%
61
20,852
4,796%
62
20,242
4,940%
63
19,629
5,094%
64
19,014
5,259%
65
18,398
5,435%
66
17,782
5,624%
67
17,163
5,826%
68
16,541
6,046%
69
15,917
6,283%
70
15,288
6,541%
tasso di sconto = 1,5%






Il coefficiente di trasformazione in rendita o pensione determina l' importo annuo della pensione di vecchiaia contributiva, in percentuale, del montante contributivo individuale o riserva matematica determinata dai contributi versati; il coefficiente di trasformazione in rendita è determinato su base statistica e varia  -- come indicato nella tabella -- in base all’età anagrafica al momento del pensionamento e tiene conto della speranza di vita media, incorporando il tasso di crescita del Pil di lungo periodo stimato nell’1,5%. La generosità gratuita e futura spesso costa assai e troppo.

Il montante individuale rappresenta il capitale che il lavoratore ha accumulato nel corso degli anni "lavorativi".

Per determinare il montante individuale dei contributi occorre:
  • individuare  la base imponibile annua (cioè la retribuzione annua, per gli iscritti alle gestioni pensionistiche dei lavoratori dipendenti; il reddito annuo, per gli iscritti alle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi) corrispondente ai periodi di contribuzione (obbligatoria, volontaria, figurativa, da riscatto, da ricongiunzione) fatti valere dall'assicurato in ciascun anno;
  • calcolare  l'ammontare dei contributi di ciascun anno moltiplicando la base imponibile annua per l'aliquota di computo del 33 per cento, per i periodi di contribuzione da lavoratore dipendente, ovvero per l'aliquota di computo del 20 per cento, per i periodi di contribuzione da lavoratore autonomo; per i parasubordinati l’aliquota varia dal 17% al 27%.
  • determinare  il montante individuale dei contributi sommando l'ammontare dei contributi di ciascun anno, rivalutato annualmente sulla base del tasso annuo di capitalizzazione risultante dalla variazione media quinquennale del prodotto interno lordo nominale (PIL), appositamente calcolata dall'ISTAT con riferimento al quinquennio precedente l'anno da rivalutare.
L’importo così ottenuto costituisce la quota di montante individuale dei contributi per i periodi maturati successivamente al 31 dicembre 1995. La rivalutazione del montante contributivo su base composta deve essere operata al 31 dicembre di ciascun anno con esclusione della contribuzione dello stesso anno e ha effetto per le pensioni aventi decorrenza dal 1° gennaio dell'anno immediatamente successivo.
Prima di passare ai successivi sistemi,  il lettore avrà già compreso che elemento non secondario per il calcolo dell’agognata pensione pubblica è il “tasso annuo di rivalutazione” calcolato dall’ISTAT, da cui siamo partiti in questo viaggio non agevole nel mondo della pensione.
Il tasso di rivalutazione per l’anno 2014 è stato indicato in questi giorni di inizio novembre: è – 0,1927 %, calcolato sulla base della serie storica del PIL degli ultimi 5 anni. Il PIL italiano non cresce, anzi decresce, e quindi si abbassa anche il montante su cui viene calcolata, ed erogata, la pensione.
Se nel 1996 il coefficiente era un generoso 6,2054%, esso è sceso regolarmente da quel “picco”, scendendo sotto il 4% a partire dal 2004 (3,9272%), e sotto il 2% dal 2010: 1,7935% nel 2010, 1,6165% nel 2011, 1,1344% nel 2012, 0,1643% nel 2013 ed infine -0,1927% nel 2014.

L’ISTAT è stato chiaro: “Si sottolinea che per la prima volta dall’entrata in vigore della legge sopra citata (la 335/1995, ndr) il coefficiente di rivalutazione risulta inferiore all’unità, a causa della dinamica negativa del PIL nominale nel periodo considerato”. 

Aggiungiamo che “nominale” è diverso da “reale”, inferiore al nominale per effetto dell’erosione dell’inflazione nel frattempo intervenuta negli anni.
Rincariamo la dose ricordando che il legislatore ha appena aumentato l’aliquota fiscale sui frutti della previdenza complementare (secondo e terzo pilastro), i cui rendimenti peraltro non sono legati alla dinamica del PIL ma a quelli dei rendimenti effettivi degli attivi finanziari (azioni, obbligazioni, liquidità, immobili) inseriti nei portafogli di investimento dei fondi pensionistici ed assicurativo-pensionistico.
In concreto, se l’applicazione di un indice negativo ad un singolo anno,  pur non irrilevante, non incide in modo consistente e duraturo sulla pensione, si deve ricordare che ciò potrebbe ripetersi in futuro. Un rischio non preventivato nei decenni passati, ma ben compreso nei “magri tempi” attuali.

IL SISTEMA RETRIBUTIVO
Si applica alle anzianità contributive maturate fino al 31/12/2011 dai lavoratori con almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995.
Secondo tale sistema, la pensione è rapportata alla media delle retribuzioni (o redditi per i lavoratori autonomi) degli ultimi anni lavorativi.
Si basa su tre elementi:
  • l'anzianità contributiva, è data dal totale dei contributi fino ad un massimo di 40 anni che il lavoratore può far valere al momento del pensionamento e che risultano accreditati sul suo conto assicurativo, siano essi obbligatori, volontari, figurativi, riscattati o ricongiunti;
  • la retribuzione/reddito pensionabile, è data dalla media delle retribuzioni o redditi percepiti negli ultimi anni di attività lavorativa, opportunamente rivalutate sulla base degli indici Istat fissati ogni anno;
  • l'aliquota di rendimento, è pari al 2% annuo della retribuzione/reddito percepiti entro il limite (per le pensioni con decorrenza nel 2012 di 44.161 euro annui) per poi decrescere per fasce di importo superiore. Ciò vuol dire che se la retribuzione pensionabile non supera tale limite, con 35 anni di anzianità contributiva la pensione è pari al 70% della retribuzione, con 40 anni è pari all'80%.
L'importo della pensione con il sistema retributivo si compone di due quote: Quota A determinata sulla base dell'anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 1992 e sulla media delle retribuzioni  degli ultimi 5 anni, o meglio, delle 260 settimane di contribuzione immediatamente precedenti la data di pensionamento per i lavoratori dipendenti, e dei 10 anni (520 settimane di contribuzione) immediatamente precedenti la data di pensionamento per i lavoratori autonomi; Quota B determinata sulla base dell'anzianità contributiva maturata dal 1° gennaio 1993 alla data di decorrenza della pensione e sulla media delle retribuzioni/redditi degli ultimi 10 anni per i lavoratori dipendenti e degli ultimi 15 anni per gli autonomi. 

IL SISTEMA MISTO
Si applica ai lavoratori con meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 e a decorrere dal 1° gennaio 2012 anche ai lavoratori  con un'anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni al 31 dicembre 1995. Per i lavoratori con un'anzianità contributiva inferiore a 18 anni al 31/12/1995 la pensione viene calcolata in parte secondo il sistema retributivo, per l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 1995, in parte con il sistema contributivo, per l'anzianità maturata dal 1° gennaio 1996. Per i lavoratori con un'anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni al 31/12/1995  la pensione viene calcolata in parte secondo il sistema retributivo, per l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 2011 secondo le modalità descritte  nel paragrafo relativo al sistema retributivo, e in parte con il sistema contributivo, per l'anzianità contributiva maturata dal 1° gennaio 2012. 



Auguriamo a tutti di godere un lungo periodo lavorativo, non essendo così fiduciosi nell’augurare una altrettanto lunga e serena pensione. 


... ed in una prossima puntata cercheremo di scoprire come vengono gestite (o non gestite..) le somme versate dai dipendenti, chi è demandato alla gestione e quali professionalità "mette in campo", su quali basi attuariali sono basate le previsioni di pagamento futuro delle pensioni, se esistono fondi adeguati per adempiere all’ “obbligo previdenziale” da parte dell’INPS, per quanto tempo ci saranno fondi sufficienti per erogare le pensioni, quanta parte dei versamenti previdenziali è "riversata" verso attività c.d. assistenziali che nulla hanno che fare con la previdenza ... tutte cosucce di poco conto e su cui "il silenzio istituzionale è doverosamente d'oro".
Un sistema irrazionale, inconsistente, insostenibile, finanziariamente inefficiente, temerariamente ottimista.


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