lunedì 17 novembre 2014

I frutti del petrolio.


Il fondo sovrano della Norvegia, un paese di 5 milioni di abitanti, ha attività finanziarie di 860 miliardi di USD, e nei prossimi anni esse raggiungeranno i 1.000 miliardi grazie ai proventi derivanti dalla vendita del petrolio, copioso, del Mare del Nord. 
Per legge, il 35% è investito in immobili ed il 60% è investito in azioni: il fondo, con un portafoglio di 500 milioni di USD investito in Europa, è il più importante investitore del Vecchio Continente; le azioni USA pesano per 150 milioni di USD. 
Nei primi 9 mesi del 2014 le azioni hanno reso il 5%, ed il portafoglio complessivo il 5,1%. 
Uno dei problemi che il fondo si trova ad affrontare è il c.d. “tracking of front running”: il “codazzo” di investitori e speculatori che cercano di scoprire e quindi seguire le “mosse” del fondo sovrano, per “copiarne” le scelte di investimento; una delle misure adottate è stata quella di abbandonare tecniche di investimento basate su algoritmi, preferendo anche transazioni su grosse partite  (“large block size”). 
Un altro problema è indicato nella eccessiva frammentazione delle “piattaforme di negoziazione” statunitensi, 52, che portano ad un sovraccarico di costi per un fondo che investe quotidianamente sui mercati USA a larghe mani, come sgorgasse petrolio.

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