domenica 5 aprile 2015

Necker, il ministro che osò l'inosabile.



“” Con le economie volute da Necker (ministro delle Finanze del re di Francia Luigi XVI, ndr) fluivano nelle casse dello Stato 36 milioni di lire e senza aggravi per il contribuente. Tuttavia, i nobili lo accusavano di aver cancellato l’opulenza di Versailles e sminuito il potere stesso della monarchia (…). Luigi XVI lo difendeva a spada tratta e gli scriveva in un bigliettino del 19 settembre 1780: “Monsieur Necker, continuate nella vostra azione riformatrice, e state sicuro che Noi vi sosterremo. Contate sulla Nostra fermezza”. (…) Nel gennaio del 1781 il ministro Necker preparava un colpo di scena teso a cambiare radicalmente il farraginoso sistema tributario, un meccanismo che fino ad allora aveva permesso alla monarchia di non dare conto al popolo dell’uso fatto del denaro proveniente dalle imposte. Dal primo giorno del suo mandato il ginevrino si era imposto come parola d’ordine “trasparence” e, per onorare un simile impegno, aveva deciso di rendere noto il bilancio statale. Il 19 febbraio, presso l’editore Panckouke, faceva pubblicare una brochure di centosedici pagine intitolata Le compte rendu du roi. Vi erano riportate in buon ordine le astronomiche cifre sperperate dalla Corte negli ultimi anni in prebende, pensioni, feste ed altre assurdità. In un sol giorno, di quel libricino si vendevano seimila copie e, non appena terminata la prima tiratura, una gran folla si precipitava dal tipografo costringendolo a stamparne altre centomila. Georges-Louis Leclerc, conte di Buffon, così plaudiva: “Per questo libretto in lettere d’oro, io vi considero, Signor Necker, un genio, un dio tutelare, un amante dell’umanità che sa farsi adorare in ogni sua azione”. Furibondi, invece, erano Vergennes e Maurepas (2 ministri del re, ndr), che giudicavano l’iniziativa del collega come una pugnalata al cuore dell’assolutismo monarchico. Il responsabile degli Esteri, nel riferirsi al Rendiconto, parlava di una “publication républicaine”, di un “attentat criminel contre la monarchie très-chrétienne”. A screditare Necker scendeva in campo il conte di Provenza (fratello del re, ndr) insieme al suo intendente Cromot du Bourg dando alle stampe un Mémoire secret in cui si svelavano i propositi futuri del direttore delle Finanze, compresa l’idea di conferire maggior potere alle Assemblées provinciales e indebolire i Parlamenti. Il libello faceva esplodere la rabbia di aristocratici e di magistrati del Regno, i quali temevano di essere nuovamente sollevati dal loro incarico come era già avvenuto sotto Luigi XV. Il sovrano taceva, sebbene non apparisse più disposto a difendere Necker, al quale negava persino alcune udienze Così, il 19 maggio, un sabato, il ginevrino si recava a Marly per incontrare il re e rassegnare le proprie dimissioni. Poiché Luigi non si faceva trovare, egli, preso da un sentimento d’ira misto a rassegnazione, consegnava il billet de démission nella mani di Maria Antonietta. Aveva scritto: “La conversazione con M. de Maurepas non mi consente di altro se non di rimettere le dimissioni a Vostra Maestà. Ho l’animo rattristato, e oso sperare che Vostra Maestà si degnerà di conservare un ricordo degli anni felici, del faticoso lavoro svolto insieme e soprattutto dello zelo senza limiti con cui mi sono votato nel servirla. Necker”. (…) La notizia delle dimissioni di Necker faceva il giro di Parigi. Per comprendere le reazioni dell’opinione pubblica, ecco le parole del barone Frédéric Melchior de Grimm nella Correspondance littéraire adressée à un souverain de l’Allemagne: “La domenica mattina, il 20 maggio, si seppe che il Necker aveva rinunciato al ministero. A ciò si era preparati da tempo a causa delle dicerie che circolavano nella città e a Corte. I viali, i caffè, i luoghi pubblici brulicavano di gente, tuttavia regnava uno straordinario silenzio. Quei primi momenti di stupore pari al dolore di una famiglia che ha perso l’oggetto e il sostegno di ogni speranza. Mai un ministro ha portato nel suo ritiro gloria più pura e più integra di Necker, e mai ha ottenuto più ampia testimonianza della benevolenza e dell’ammirazione del popolo”.””



Antonio Spinosa, “Luigi XVI. L’ultimo sole di Versailles”, pg. 96, 98-99.

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