domenica 9 agosto 2015

Il governo non sa giocare al lotto.



Questo articolo è apparso su ItaliAperta, il think tank, il 9 agosto 2015.



Il lotto è un gioco d’azzardo, negli anni passati assai lucroso per le casse dello stato: la raccolta ha toccato gli 11.689 milioni di euro nel 2004 (massimo del decennio), per poi scendere ai 7.315 milioni nel 2005 e stabilizzarsi a 6.629 milioni nel 2014; per l’erario, sono lontani i 4.909 milioni incassati nel 2004, massimo da cui ci si è allontanati per scendere sino a 1.104 milioni nel 2014.


La gestione del gioco è soggetta a concessione, in scadenza l’8 giugno 2016; il governo ha fatto un bando di gara per la nuova concessione, prevista in 9 anni, con una base d’asta di 700 milioni.

Il Consiglio di Stato ha bloccato l’iter di gara, formulando una serie di rilievi all’operato governativo; emerge forte la sensazione che il governo abbia operato con dilettantesca faciloneria; procediamo con ordine all’esame dei rilievi, cui il governo dovrà dare puntuale e rapida risposta, se vorrà incassare – come previsto nel bando e come lo stato delle finanze impone – la metà dei 700 milioni entro il 31 dicembre 2015 dall’aggiudicatario della gara.


Il primo rilievo: i requisiti per la partecipazione alla procedura di selezione appaiono al Consiglio di Stato “”per taluni versi eccessivi, tanto da figurare come clausole escludenti””; in termini concreti, fissati per escludere alcuni contendenti, a vantaggio di altri. Il requisito della capacità economica e finanziaria è determinato, ad avviso del Consiglio di Stato, in modo non congruo, “”ben oltre il frutto di ordinarie percentuali di incasso (aggio) parametrate sull’ammontare della raccolta di gioco””.


Un secondo rilievo attiene al requisito della capacità tecnico-organizzativa, richiedendo ai partecipanti alla gara la realizzazione, negli ultimi 3 esercizi, di una raccolta di gioco di oltre 500 milioni per tipologie di giochi effettuati tramite terminali: “”non si riesce a comprendere la ratio che ha ispirato la fissazione di tali rilevanti requisiti””, potendo, in tal modo, “”verificarsi una sorta di barriera all’entrata, in palese controtendenza rispetto alle raccomandazioni”” europee, che stigmatizzano la prassi di inserire nei capitolati degli oneri creati su misura al fine di favorire determinati offerenti. Da qui, la richiesta al governo di coordinare norme europee e bando di gara.


Terzo rilievo: il Consiglio di Stato chiede al governo che venga inserito nel capitolato l’espresso impegno a mantenere le infrastrutture tecnologiche, l’hardware, il software necessari alla realizzazione del gioco entro i confini degli stati europei: libertà di stabilimento in paesi UE, ma controllo sull’operato del gestore e mantenimento dell’imposizione fiscale da parte italiana.


Il quarto rilievo attiene alla previsione, contestata, della proroga unilaterale di 1 anno (al termine dei previsti 9 di vigore della concessione) considerata “”eccessivamente discrezionale e generica””, anche perché il bando non specifica per quante volte la proroga possa essere concessa.


Quinto rilievo: il Consiglio di Stato ritiene generica la previsione che la garanzia provvisoria possa essere presentata fornendo titoli di stato, senza specificarne qualità, rating e solidità, elementi essenziali in caso di escussione della garanzia.


Sesto rilievo: il bando non specifica i requisiti richiesti a banche ed assicurazioni chiamate a prestare la garanzia provvisoria e la garanzia definitiva, estesa sino a 75 milioni, a sostegno del buon esito dell’aggiudicazione e del suo corretto adempimento da parte del vincitore la gara.


Ulteriori rilievi vari portano la lista a 9, uno in meno dei comandamenti: nel bando il Consiglio di Stato non trova adeguate specifiche sulle richieste esperienza delle risorse dedicate alla gestione del gioco, capacità di gestire l’aggiornamento su reti,  capacità di gestire reti diverse in parallelo per eventuali periodi transitori.


Una bocciatura che impone al governo ed ai Monopoli di Stato di porre rapido rimedio al bando di gara, per poterlo portare a realizzazione ed aggiudicazione entro la fine del 2015, pena la perdita di una delle entrate previste dal patto di stabilità entro l’anno, con effetti significativi sui conti pubblici (anche dopo la bocciatura, ampiamente prevedibile, del “reverse charge” per la grande distribuzione, che ha sottratto 728 milioni alle previsioni governative). Aggiungendo altre misure varie, il “buco” cui il governo potrebbe dover far fronte è vicino ai 1.400 milioni.


Si fa largo la sensazione che il governo e la pubblica amministrazione siano fatti di professionisti del dilettantismo, incapaci di mettere in fila un provvedimento chiaro ed a prova di esame da parte dell’organo dedicato al controllo degli atti governativi; ma poiché a pensare male si fa peccato, ma purtroppo spesso si azzecca, il dubbio è che il bando di gara per la concessione del gioco del lotto sia stato pensato a tavolino con il preciso scopo di escludere alcuni concorrenti e favorire i soliti noti. Il libero mercato resta sempre fuori dalla porta, ed allora “vincere” è come giocare un numero secco al lotto: non esce mai.

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