Un estratto di questo articolo è stato pubblicato nella rubrica #IlGraffio di AdviseOnlyBlog, mercoledì 17.6.2015.
I benchmark
sono il “metro” con cui misurare i risultati delle gestioni in fondi e
patrimoniali, il c.d. indice di riferimento. Fra i più diffusi, quelli MSCI
(Morgan Stanley Composite Index) e fra questi assume sempre maggiore importanza
il MSCI Emerging Market Index (MSCI EM), che è diventato il parametro di
riferimento per chi investe nei c.d. paesi emergenti: ben 23 paesi coperti,
composto da 833 società, che coprono l’ “85% of the free float-adjusted market capitalization
in each country”. La Cina è indicata al 25,26%, cui si aggiunge Taiwan col
12,95%, per un ipotetica “Grande Cina” al 38,21% (vedi, https://www.msci.com/resources/factsheets/index_fact_sheet/msci-emerging-markets-index-usd-net.pdf ).
I
titoli indicati come “Cina” sono società cinesi, ma quotati ad Hong Kong: fra i
primi 10 titoli inseriti nell’indice, vi sono infatti 6 titoli quotati nella
vecchia colonia inglese: Tencent Holdings, China Mobile, China Construction
Bank, ICBC, Bank of China, Ping An Insurance. Chi compra, o vende, lo fa quindi
sulla borsa di Hong Kong, dollari HK.
Ogni
anno, i “pesi” degli indici vengono rivisti; per il MSCI EM la revisione è
avvenuta lo scorso mese di maggio, ed il peso della “vera Cina, quella quotata
a Shanghai e Shenzen”, è rimasta esclusa
dall’indice.
Vediamo
i perché.
MSCI
ha dichiarato l’intenzione di iniziare ad includere titoli “Cina A-shares” sino
al 5% dell’indice; in tal caso, la Cina peserebbe per il 30% circa.
La
“non decisione” fa riferimento ad una serie di fatti:
1.
l’esistenza di “quote” agli investimenti esteri fissate dal governo cinese:
oggi la quota è il 5% della capitalizzazione delle borse cinesi (Shanghai,
Shenzen le principali), quote che dovrebbero, nelle intenzioni cinesi, salire
al 10-15% prossimamente. Ad oggi, ci sono circa 100 investitori esteri
qualificati ad operare ed investire in Cina (c.d. RQFII), tutti investiti entro
la quota del 5%. L’esistenza di limiti percentuali agli investimenti è
considerata un limite da MSCI e dagli investitori (RQFII);
2.
restrizioni al libero flusso di capitali: l’attuale liquidità giornaliera degli
investimenti è limitata, come alta è la barriera all’ammontare di denaro che
può essere rimpatriato in caso di vendita di un titolo; questo limite esiste
anche per gli investimenti in A-shares fatti sulle borse di Shanghai tramite la
borsa di Hong Kong, limite che gli investitori vogliono vedere eliminato;
3.
riconoscimento della titolarità del possesso azionario: la legge cinese è
considerata poco trasparente e certa nel riconoscere la effettiva titolarità
del possesso azionario, sia diretto che tramite fondi.
In
termini finanziari, l’aumento del 5% descritto significherebbe un afflusso su
titoli cinesi di 20 miliardi US$; e se la Cina aprisse veramente le sue porte
all’investimento estero, i titoli cinesi salirebbero al 44% dell’indice MSCI,
spostandone il peso in modo rilevante.
Ed
ancora più importante e significativo, per i fondi che seguono gli indici MSCI,
una modifica della composizione dell’ MSCI EM imporrebbe loro di iniziare ad
investire in un mercato che nell’ultimo anno ha visto una performance del 150%,
quindi a prezzi considerati generalmente elevati: “the wrong thing at the wrong
time”, nelle parole di un grande investitore.
Per
investire, conoscere i titoli da comprare è essenziale, come sapere a quale
prezzo conviene comprare e quale è l’indice di riferimento da adottare. E poi,
seguire i suggerimenti di AdviseOnly non basta, ma aiuta!
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