martedì 9 giugno 2015

L’imposizione doppia.



Concorrenza doppia sui dividendi pagati da una società estera ad un percettore italiano; la doppia imposizione fiscale sui dividendi determina la presenza di due sostituti d’imposta: la banca estera applica l’imposta locale estera (nel caso di USA e Francia il 30%; Germania, Austria e Canada il 25%; Svizzera il 35%) e sul c.d. “netto frontiera” (quanto effettivamente trasferito alla banca italiana, depositaria delle azioni estere) il sostituto di imposta italiano applica il 26%. Laddove esistano convenzioni internazionali bilaterali fra i paesi, il prelievo operato nel paese estero può essere inferiore, generalmente nella misura di un’aliquota del 15% (come nel caso degli USA); ma l’applicazione della convenzione non è automatica, dipendendo dalla volontà del depositario estero e subordinata alla iniziativa del beneficiario (quindi, l’investitore) che quindi deve attivarsi richiedendo l’applicazione del regime previsto nella convenzione. I maggiori costi fiscali sostenuti (nel caso di non applicazione della convenzione) possono essere oggetto di richiesta di rimborso, fatto tramite la propria banca, con tempi imprevedibili. Per chi avesse azioni estere in portafoglio, per evitare la doppia imposizione l’alternativa è vendere le azioni prima dello stacco-dividendo (con tutte le diverse implicazioni su “momentum” dell’operazione); oppure, investire (in via indiretta) tramite fondi azionari.

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