Concorrenza doppia sui dividendi pagati da una società estera ad un
percettore italiano; la doppia imposizione fiscale sui dividendi determina la
presenza di due sostituti d’imposta: la banca estera applica l’imposta locale
estera (nel caso di USA e Francia il 30%; Germania, Austria e Canada il 25%;
Svizzera il 35%) e sul c.d. “netto frontiera” (quanto effettivamente trasferito
alla banca italiana, depositaria delle azioni estere) il sostituto di imposta
italiano applica il 26%. Laddove esistano convenzioni internazionali bilaterali
fra i paesi, il prelievo operato nel paese estero può essere inferiore,
generalmente nella misura di un’aliquota del 15% (come nel caso degli USA); ma
l’applicazione della convenzione non è automatica, dipendendo dalla volontà del
depositario estero e subordinata alla iniziativa del beneficiario (quindi,
l’investitore) che quindi deve attivarsi richiedendo l’applicazione del regime
previsto nella convenzione. I maggiori costi fiscali sostenuti (nel caso di non
applicazione della convenzione) possono essere oggetto di richiesta di
rimborso, fatto tramite la propria banca, con tempi imprevedibili. Per chi
avesse azioni estere in portafoglio, per evitare la doppia imposizione
l’alternativa è vendere le azioni prima dello stacco-dividendo (con tutte le
diverse implicazioni su “momentum” dell’operazione); oppure, investire (in via
indiretta) tramite fondi azionari.
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