Gli economisti --che secondo un antico detto hanno previsto
10 delle ultime 3 crisi mondiali – non riescono a trovare una buona ragione che
determina la fase deflazionistica; nonostante bassa inflazione e bassi prezzi
sembrino accettabili ed auspicabili, essi sono causa di bassa crescita di
salari e profitti, rendono più difficile il rimborso dei debiti (poiché bassa
od assente inflazione non erode il loro valore nominale), limitano la capacità
delle banche centrali di intervenire sulla riduzione dei tassi (già bassi e non
comprimibili) per favorire la crescita.
La causa sembra ora essere stata
trovata osservando la storia recente del paese del Sol Levante: si chiama
demografia. L’invecchiamento della popolazione giapponese iniziata negli anni
Novanta ha “scatenato le forze della deflazione” riducendo aspettative di
crescita, mettendo a repentaglio le finanze pubbliche, facendo affidamento
sulla capacità di spesa per consumi di una popolazione sempre più anziana che
basa la sua capacità di spesa sul risparmio (passato) e non sui redditi come farebbe
la fascia di popolazione più giovane.
La popolazione giapponese compresa fra 15
e 64 anni è crollata da 87 milioni a metà anni Novanta a 77 milioni nel 2015
(fonte OECD): meno persone in grado di comprare casa, prodotti, servizi,
mettendo così un serio freno alla capacità espansiva e di crescita del paese e
della sua economia; nelle parole del FMI, ci sono “sostanziali pressione
deflazionistiche derivanti dall’invecchiamento della popolazione” e questo
avviene non solo in Giappone ma anche in altre nazioni con una popolazione in
via di invecchiamento, od in diminuzione.
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