Un estratto di questo articolo è apparso nella rubrica #IlGraffio su AdviseOnlyBlog in data 1.12.2015.
I nostri
risparmi, oltre ad essere depositati solo in banca, dove sono protetti dal
Fondo di Garanzia Interbancaria sino alla somma di 100.000 euro, sono anche
indirizzati e depositati, sotto varie forme, in altri istituti: possiamo essere
soci di una cooperativa di consumo e fornirle mezzi finanziari attraverso il
“prestito soci”; oppure, affidarli a società finanziarie regolamentate
(dall’art. 106 del TUB); infine, si sono sviluppati recentemente i mercati dei
“minibond” delle PMI e del “crowdfunding” (la raccolta tramite web).
Per la
classica “legge di Bazzica”, più una banca, od una istituzione, è solida
patrimonialmente, più basso sarà il tasso che mi verrà offerto: sono infatti le
banche e le istituzione che hanno meno “reputazione” e maggior necessità di
mezzi finanziari per sostenere le proprie attività quelle che offrono tassi
attivi più allettanti per attrarre depositanti. Con tassi attivi virtualmente
negativi, la tentazione di ottenere “qualcosa in più” è forte: sapremo
resistere?
Bankitalia
ha avviato una consultazione sulla proposta di revisione della disciplina sulla raccolta del risparmio da parte dei
soggetti diversi dalle banche, fra cui cooperative di consumo, società
finanziarie regolate (art 106 TUB), “social lending” o “crowdfunding” (la
raccolta di fondi tramite web/portali).
L’obiettivo principale della revisione normativa è semplice:
rafforzare i presidi normativi,
patrimoniali e di trasparenza a tutela dei risparmiatori che prestano
fondi a soggetti diversi dalle banche.
Come
funzionano le regole? Vediamone alcune, per singole tipologie di raccolta.
Per
prima cosa, fra gli strumenti considerati di raccolta rientrano i “minibond”,
anche laddove prevedano la partecipazione agli utili aziendali. I limiti di
raccolta di mezzi finanziari attraverso questo strumento sono quelli previsti
dal codice civile, quindi entro 2 volte il capitale sociale versato.
Il
“prestito sociale” delle cooperative (che è stato oggetto di recenti vicende giudiziarie
per gravi violazioni di legge) è consentito sino a 3 volte il patrimonio
aziendale, superabile sino a 5 volte il patrimonio stesso se assistito per
almeno il 30% da garanzia rilasciata da un soggetto vigilato (banca,
assicurazione, intermediario ex-art 106 TUB); è vietata la contro-assicurazione
prestata dalla cooperativa stessa, al fine di evitare forme elusive. Si tratta
di limiti assai elevati, che se non adeguatamente controllati dagli organi
sociali e di controllo (questo è assicurato dal MEF, quindi non dall’organo di
controllo sulle banche che è Banca d’Italia), potrebbero condurre a nuovi casi
di “malagestio”.
Il
limite di 5 volte il patrimonio varrà anche per le finanziarie ex-art 106 TUB
qualora gli strumenti di raccolta siano quotati; la quotazione si riferisce
agli strumenti, non alla società che raccoglie depositi. Anche in questo caso,
i limiti appaiono assai “generosi” per enti che troppo spesso hanno opacità
nella loro operatività, nonostante i controlli istituzionali esercitati da
Banca d’Italia, e ridotto capitale sociale.
Infine,
per il “social lending”, che sta crescendo e potrebbe rappresentare una fonte
di finanziamento per le imprese appena nate, le “start-up”, Banca d’Italia
ribadisce “il generale divieto di raccolta del risparmio tra il pubblico”,
raccolta peraltro ammessa laddove essa
“può considerarsi effettuata sulla base di un trattativa personalizzata
quando (…) i prenditori e i finanziatori che utilizzano il portale sono in
grado di incidere sulla determinazione delle clausole contrattuali con la
propria volontà negoziale”.
Siamo
moderni, ma non troppo.
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