sabato 5 settembre 2015

Il nodo gordiano italiano: è ora di scioglierlo. Quale riforma per il Senato italiano?





Riteniamo che manchino adeguati approfondimenti nel dibattito sulla riforma del Senato che, incidendo sul dettato costituzionale, è peraltro soggetta ad un iter di approvazione parlamentare complesso (maggioranza qualificata, doppio passaggio parlamentare), che richiede l’ampia condivisione del suo contenuto; ricordiamo che vi sono 2 rami del parlamento in paesi a forte tradizione democratica come Stati Uniti, Inghilterra, Francia e Germania, seppure con funzioni non sempre equivalenti.

In questo articolo ci ripromettiamo di affrontare alcuni temi:


Q1. Gli eletti al parlamento sono troppi, in numero, sia in termini assoluti che in confronto con altri paesi? 
In Italia c’è un parlamentare ogni 63.800 abitanti, in Germania uno ogni 118.300, in Francia uno ogni 71.100; accanto ai parlamentari (eletti), ci sono anche altri rappresentanti (non eletti direttamente): il rapporto – se cambia in misura minima in Italia:  un rappresentante ogni 64.200 cittadini – vede un rappresentante ogni 131.400 abitanti in Germania, uno ogni 95.400 nel Regno Unito, uno ogni 113.400 abitanti in Francia. Se in Italia ci fosse la stessa proporzione rappresentanti/abitante esistente negli USA (300 milioni di abitanti, 441 deputati, 100 senatori: 2 ogni stato), avremmo 20 senatori ed 85 deputati. In Italia ci sono troppi rappresentanti; il loro numero potrebbe essere facilmente dimezzato (ed il costo totale potrebbe essere ancora più basso se lo si adeguasse alla media europea; Camera e Senato costano, insieme, circa 2 miliardi di euro annui);  sponsorizziamo la riduzione dei deputati a 100 e dei senatori a 40 (2 per ogni regione, 1 per Valle d’Aosta e per le province di Trento e Bolzano).  Con la riduzione dei rappresentanti scenderebbero i tempi di esame ed approvazione delle proposte di legge: non sarebbe più necessario (e nemmeno utile) avere commissioni parlamentari;  le singole proposte di legge verrebbero discusse in aula in sessione plenaria, con tempi abbreviati.


Q2. Una riduzione del numero dei parlamentari quali risultati conseguirebbe, dal punto di vista finanziario ed operativo del Parlamento? 
Si avrebbero meno costi, meno rappresentanti, più informati e partecipi del lavoro parlamentare.


Q3. A quali modelli parlamentari fare riferimento, per una riforma del sistema parlamentare? 
Ne vediamo tre:  uninominale secco all’inglese (chi arriva primo in una singola circoscrizione, vince), uninominale al secondo turno alla francese (si va al ballottaggio fra i primi 2 arrivati al primo turno, se il primo non supera la metà più 1 dei voti espressi), proporzionale con sbarramento al 5% alla tedesca. Con enfasi diverse,  i 3 sistemi assicurano la stabilità politica, bene importante della democrazia: il giorno dopo le elezioni, si sa chi governerà per tutta la legislatura, salvo il caso (in Germania) del “voto di sfiducia costruttivo” (un voto di sfiducia richiesto da chi, in parlamento, fosse in grado di avere una diversa maggioranza, immediata e certa). Se in Germania e Regno Unito esiste un “cancellierato forte”, in Francia il primo ministro è subordinato al presidente della Repubblica (“kingmaker”). Se l’obiettivo è avere un esecutivo “forte”,  i 3 sistemi elettorali rispondono all’obiettivo: il sistema inglese “premia” il partito più forte, quello francese la coalizione, quello tedesco la rappresentatività dei partiti.


Q4. Quali funzioni si vogliono assegnare a Camera e Senato?  Una critica corrente è che in Italia vi sia un “sistema fotocopia” in cui Camera e Senato hanno la stessa funzione: votare le proposte di legge, passandosele e ripassandosele sino ad avere una perfetta coincidenza lessicale e formale, senza alcuna specializzazione: il c.d. “sistema bicamerale perfetto”.  Il “problema” non è il sistema, ma come esso viene interpretato ed adottato. Ma assumiamo che sia percorribile la “specializzazione” del Senato: su quali materie? Riteniamo proponibile un Senato che si esprima sulle leggi finanziarie (forse anche su leggi che toccano i diritti della persona: cittadinanza, salute, proprietà,…);  riteniamo anche che il Senato possa fungere da organo di legittimità costituzionale (tema ripreso alla domanda Q6).


Q5. È corretto che l’elezione dei rappresentanti alla Camera sia fatta direttamente dagli elettori e che per il Senato si pensi ad una formula “indiretta”?  
La democrazia o è elettiva, od è una parvenza di democrazia; riteniamo che anche il Senato debba essere eletto a suffragio universale, attraverso il voto diretto degli elettori. Siamo contrari ad una “elezione indiretta”.


Q6. Il Senato potrebbe assumere un ruolo di “controllore della legge”, sostituendosi alla Corte Costituzionale? Sarebbe un ruolo indebito, od auspicabile?   
Il Senato potrebbe sostituire la Corte Costituzionale nell’esame della legittimità delle leggi rispetto al dettato costituzionale, con la abolizione della Corte stessa.


Q7. La “formula giusta” è quella di ridurre la proliferazione delle norme, aumentando l’autonomia della amministrazione?  Vorremmo meno leggi, più provvedimenti, e quindi responsabilità, della amministrazione consapevole, preparata, autenticamente “al servizio dell’elettore e del cittadino”. Crediamo nella necessità di una semplificazione dell’organizzazione “politica” dello stato, a suo tempo pensata in una fase storica che risentiva, e ne faceva mostrare le ferite inferte, di un abbandono del regime democratico, sostituito da uno dittatoriale; nel 1946 si volle dare una organizzazione “lasca” ai vari poteri dello stato,  “depotenziandoli”.

Auspichiamo una Camera ridotta nel numero degli eletti, fattiva nella legislazione; un Senato organo di controllo istituzionale, eletto direttamente dal popolo. Addio ad una Corte Costituzionale pletorica, politicizzata, costosa, inefficace nel suo formalismo anacronistico.


Ma la vera riforma non sta nel realizzare organi istituzionali “nuovi”; la vera riforma sta nella de-legiferazione, nella eliminazione della norma come unico percorso per amministrare e governare, con la “presa in carico” della gestione della cosa pubblica da parte di una amministrazione fortemente rinnovata rivoluzionata e responsabilizzata; il governo di un paese deve essere realizzato attraverso l’azione della amministrazione pubblica su indicazioni di massima fornite dalla legge, ma sotto la responsabilità diretta dell’amministrazione, che deve assumersi  la responsabilità di far marciare il paese, giorno dopo giorno, sena potersi nascondere dietro il più classico “abbiamo le mani legate”: e se mai così fosse, il nodo lo scioglie alla maniera in cui venne sciolto il nodo gordiano.

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