venerdì 4 settembre 2015

Il trading dei robot.



Negli USA, secondo un recente studio, il 65% dei volumi delle transazioni azionarie è fatto tramite algoritmi gestiti da robot (trading algoritmico): era il 25% nel 2005, ha superato il 50% nel 2009; per tipologia di asset finanziario, se il 65% delle transazioni azionarie è gestito da software specializzati, le percentuali sono del 48% per i futures, del 38% per le valute, del 26% per le opzioni, del 10% per le obbligazioni. In Europa il trading algoritmico copre il 42% delle transazioni (era il 3% nel 2014). Con la sempre maggiore disponibilità di informazioni (i c.d. “big data”) è quasi infinita la mole di dati su cui “costruire” algoritmi, teorie, processi di investimento e disinvestimento, tutti troppo difficili da interpretare per l’operatore “umano” che inoltre è spesso irrazionale nelle sue decisioni; l’utilizzo di sistemi ed algoritmi tende quindi a massimizzare i benefici, minimizzare i rischi, eliminare il “bias”, il pregiudizio, individuale. Lo sviluppo del trading algoritmico è anche legato all’introduzione della MIFID, la regolamentazione europea che richiede la “best execution” delle transazioni, mettendo in competizione piattaforme di transazione ed esecuzione delle operazioni finanziarie che devono assicurare l’esecuzione del singolo ordine in tempo reale ed alle migliori condizioni di prezzo e costo del servizio, portando allo sviluppo così prepotente della macchina sull’uomo.

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