Con una mossa innovativa,
il sindaco di Venezia, da poco eletto, ha messo in vendita ad una prossima asta
capolavori artistici, per lo più dipinti, per un valore di stima di 400 milioni
(inclusi un Klimt stimato 70 milioni ed uno Chagall), attualmente esposti nei musei della città
Serenissima. L’intento è lodevole: incassare quei milioni necessari per
abbattere il debito della città, che non riesce a far fronte ai tanti impegni
di gestione ordinaria e straordinaria, gli uni legati anche al costante
afflusso di turisti e visitatori che chiedono servizi quali efficienti
trasporti (non semplici in una città lagunare) ma che “consumano” un territorio
per sua natura fragile e delicato, gli altri alla manutenzione di innumerevoli
palazzi e dei rii e canali che costellano la città lagunare.
Da Ca’ Foscari il messaggio è chiaro: sono in vendita capolavori, ma “si tratta di opere che non hanno nulla a che vedere con la storia artistica e culturale di Venezia”; si vendono i gioielli della corona, ma con un languido sguardo di condiscendenza alla lontana cautela che fece grande la Serenissima.
Da Ca’ Foscari il messaggio è chiaro: sono in vendita capolavori, ma “si tratta di opere che non hanno nulla a che vedere con la storia artistica e culturale di Venezia”; si vendono i gioielli della corona, ma con un languido sguardo di condiscendenza alla lontana cautela che fece grande la Serenissima.
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