Un estratto di questo articolo è stato pubblicato nella rubrica #IlGraffio di AdviseOnlyBlog in data 6.10.2015.
La
formazione dei prezzi di prodotti e servizi è tema cruciale per avere un
mercato efficiente, rappresentativo della domanda e dell’offerta, delle
quantità di beni (fisici od intangibili), della loro disponibilità a pronti ed
a termine, e soprattutto per consentire ai consumatori di essere informati, di
poter ragionevolmente credere alla veridicità dei prezzi di quanto acquistato,
di credere che non ci siano posizioni di rendita non giustificate (e quindi,
arricchimenti indebiti).
Vicende
vicine e meno vicine indicano che la formazione dei prezzi è largamente
inefficiente e “taroccata” a vantaggio di alcuni: un caso relativamente piccolo
lo abbiamo in casa, quello dell’indagine dell’Antitrust sul sistema di formazione e quotazione dei
prezzi agricoli, in particolare del mercato
del riso (una commodity che vede l’Italia terzo produttore in Europa, con
oltre 4.000 aziende agricole che producono
4,5 milioni di tonnellate di riso) caratterizzato “”da un assetto stabilmente oligopolistico e
da un elevato potere contrattuale nei confronti dei produttori di materia
prima””, basato su diverse piazze fisiche (Pavia, Milano, Novara, Mantova,
Mortara, Vercelli), ciascuna con volumi modesti con quotazioni fissate in
ambito locale, “”ostacolo al corretto
svolgimento del processo concorrenziale””. Un caso eclatante è quello della
fissazione della quotazione del Libor,
il tasso di riferimento bancario, che ha già visto condannare 8 grandi banche
internazionali a pagare multe di 1,7 miliardi di euro. I mercati finanziari sono ancora all’ordine del
giorno con le indagini delle autorità di controllo avviate sulle modalità di
fissazione dei prezzi dei metalli
preziosi (oro, argento, platino, palladio) che avvengono quotidianamente
sul mercato londinese (London Metal Exchange, LME): avviate sin dal 2007 negli
USA, successivamente in Gran Bretagna ed in ambito UE, ed ora in Svizzera, dove
la Comco, la Commissione della concorrenza, ha aperto un fascicolo contro le banche
che partecipano al ristretto “panel” che fissa i prezzi di acquisto e di
vendita dei metalli preziosi. L'Autorità ha
ragione di credere che ci siano stati accordi restrittivi della concorrenza tra
le banche per il coordinamento dei prezzi nei metalli preziosi. Il controvalore giornaliero delle operazioni
di compravendita di metalli preziosi e di contratti finanziari derivati è
significativo: oltre 20 miliardi di US$ per l’oro e l’argento, inferiore per
gli altri metalli. E’ quindi di immediata percezione il “punto” della
questione: se i prezzi (bid/offer, ovvero acquisto/vendita) non sono “corretti” lo
“spread” fra acquisto e vendita è “manipolato” a vantaggio del “banco”, che
incassa utili non giustificati a detrimento di venditori ed acquirenti. I
sistemi di fissazione dei prezzi del Libor e dei metalli preziosi sono “self-regulated”, auto-gestiti dagli
operatori più importanti, più ricchi e solidi, che attraverso meccanismi non
trasparenti al pubblico fissano i prezzi di prodotti finanziari e commodity che
poi vengono acquistati, od utilizzati come riferimento, da consumatori e altri
intermediari come strumenti per concludere contratti ed accordi: imprese di
trasformazione per i metalli, banche ed imprese per erogare e sottoscrivere
finanziamenti.
Il rischio è quindi, anche e soprattutto, quello della fiducia
nel mercato, nei suoi arbitri, nelle regole (non scritte e scarsamente
trasparenti, almeno nei mercati sopra
ricordati).
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