“”Qui, in lande
come queste (nel Sahel, la striscia sub-sahariana che si estende su una
superficie larga 3.000 km e profonda 1.000 km; nota), è nato l’uomo. E’ facile,
qui, riflettere sui vantaggi dell’allontanarsi dal luogo d’origine: emigrare,
cambiare, volare. E’ facile; dicono che l’uomo sia nato qui e dicono – adesso dicono
– che sia nato dalla siccità: che diversi milioni di anni fa – il numero esatto
viene rivisto e rimesso in discussione, niente è più variabile del passato –
alcune scimmiette che vivevano sugli alberi dovettero scendere perché la siccità
le stava privando del loro cibo abituale. Dovettero sollevarsi su due zampe,
camminare, correre, arrangiarsi in una pianura quasi secca. Quelle che seppero
farlo meglio sopravvissero; nel giro di milioni di anni, l’abilità di stare
erette permise loro di sostenere un cervello più pesante e, con il tempo,
persino di usarlo. Da lì in poi le asce di pietra, sei milioni di dèi, la
milanese con il purè, gli scarabocchi che chiamiamo lettere. Venimao da quella
siccità; nulla di questo può dirci stiamo andando.””
Martin Caparros, “La fame”, Einaudi,
2014-2015, pg 39.
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