lunedì 16 novembre 2015

La caduta fragorosa dell’industria.



Dal 2007 al 2014 la produzione metal-meccanica italiana ha perso il 29,4% dei volumi ed ¼ della sua capacità produttiva; il valore aggiunto è passato da 120 miliardi a 98 miliardi di euro; nello stesso periodo la manifattura in generale ha perso il 23,8%; la caduta della metal-meccanica è legata al crollo della domanda interna per beni di investimento (macchine ed attrezzature). 
Nella UE il declino dei volumi è stato un più contenuto 9,4%: Germania, Francia e persino la quasi de-industrializzata Inghilterra hanno tenuto meglio del Belpaese. Il tutto è evidente nella perdita di quote di mercato legate alle esportazioni, in un periodo in cui la domanda mondiale di prodotti metalmeccanici è cresciuta del 23,5% (in dollari USA), le esportazioni cinesi sono cresciute dell’89,4%, quelle tedesche del 12%, quelle USA dell’8,2%. 
La perdita di competitività del sistema-Italia è palese: il CLUP, costo del lavoro per unità di prodotto, è cresciuto del 34,7% nel periodo considerato contro il – 0,2% della Germania ed il -5,4% della Gran Bretagna; come conseguenza, è calata l’occupazione: - 252.600 occupati pari ad un -13,1% (erano 1.900.000 gli occupati nel 2007), mentre ha tenuto la dinamica salariale (+23,6%). Un quadro a colori sempre più foschi. 
L’ottimismo largamente sbandierato è quindi assai fuori luogo: fare un duro esame di coscienza è il primo, necessario passo collettivo, cui far seguire un “tirarsi su le maniche e tornare ad un duro lavoro, qualsiasi cosa significhi”.

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