lunedì 10 novembre 2014

I problemi dell’unificazione: l’Italia dopo l’Unità. La burocrazia.




“”Tutti i dati quantitativi che si posseggono relativamente alla consistenza numerica della burocrazia dello Stato unitario indicano una sostanziale tendenza alla stabilità globale rispetto alla somma del personale amministrativo degli antichi Stati. Comunque, i circa 87.000 dipendenti di questi ultimi salirono a 96.000 nel primo ventennio di vita dello Stato italiano, soprattutto attraverso la crescita di tre particolari settori dell’amministrazione: la guerra e, in misura ancora maggiore, la posta e l’istruzione. (…) Ci troviamo di fronte (…) ad uno Stato le cui funzioni sono contenute nei termini essenziali, ben lontani da quella crescita della burocrazia che comincerà a caratterizzare lo Stato con la fine degli anni ’80; la fase “piemontese” vide una presenza ancora contenuta della burocrazia, perché essa era espressione e rispecchiamento di un ceto politico di ristretta composizione sociale, che si affidava volentieri ai quadri provati e fedeli dell’antica monarchia sabauda intorno ai quali organizzare i funzionari reduci dall’apparato degli altri Stati preunitari. L’ampliamento dell’organico amministrativo e la “meridionalizzazione” delle sue componenti, che prenderà corpo con Crispi e si svilupperà con Giolitti, non sarà soltanto il frutto di un incremento dell’intervento statale, ma anche di un tentativo di conferire più ampie basi sociali all’ulteriore rafforzamento dello Stato, e in particolare del potere esecutivo.””


Storia d’Italia. Dall’Unità a oggi. Libro 11. Lo stato liberale. Pg. 1694-1695. Einaudi/Il Sole24ore, 2005.

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