lunedì 24 novembre 2014

La “cosa pubblica” è fallibile.



Alla domanda “perché lo Stato fallisce tanto spesso nelle sue iniziative?” le risposte oscillano per lo più fra la richiesta di maggiori risorse e la proposta di affidare nuovi compiti all’amministrazione pubblica. Uno studio dell’Università di Yale, partendo dalla ricerca dei casi di successo, tenta di capire come evitare “passi falsi”; iniziative pubbliche positive hanno 3 buone caratteristiche: una adeguata analisi preventiva dei costi e dei benefici; una “equità” degli interventi; la “gestibilità” degli interventi da parte dell’amministrazione. Programmi statali studiati per portare vantaggi a tutti spesso premiano alcuni a svantaggio di altri (come nei casi di “politica industriale”); a benefici attuali troppo spesso si sommano costi futuri, non ben identificati (un caso tipico potrebbe essere il “welfare all’italiana”); la burocrazia riesce quasi sempre a rendere più complessa ed ingestibile la vita dei cittadini coinvolti. Secondo lo studio, la burocrazia non è “neutrale” ma “dà forma autonomamente alle politiche pubbliche sulla base delle proprie, endemiche, caratteristiche strutturali”. Gli esempi sono tratti dalla realtà USA (partendo dall’ Homestead Act del 1862 sull’appropriazione delle terre ad ovest, alla “deregulation” delle linee aree del 1978), ma un tratto sembra sempre presente: “i beneficiari e gli amministratori dei programmi pubblici ben riusciti stavano sfondando una porta aperta. La cultura dominante considerava già con favore le attività necessarie per attuarli”. Le riforme di successo seguono e non precedono il cambiamento sociale ed economico e l’evoluzione tecnologica. E tramite maggiore concorrenza, trasparenza, migliori tecniche, i programmi statali possono divenire un “plus” e non un “minus” per la collettività. Leggi “omnibus” sono da evitare; “i programmi devono avere una scadenza, come lo yogurt” ed essere rinnovati solo se sussiste ancora il bisogno specifico da soddisfare. Prima di decidere di offrire un determinato servizio, l’amministrazione dovrebbe essere obbligata a produrre evidenza della sua analisi sui vantaggi di una soluzione pubblica rispetto ad una soluzione fornita dal privato; soluzioni che prevedano un “voucher” ai cittadini utilizzabili per l’accesso al servizio portano ad una migliore allocazione delle risorse ed un minor aggravio di intervento da parte della burocrazia. Il “buonsenso” è una merce rara.

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