Alla domanda “perché lo Stato fallisce tanto spesso
nelle sue iniziative?” le risposte oscillano per lo più fra la richiesta di
maggiori risorse e la proposta di affidare nuovi compiti all’amministrazione
pubblica. Uno studio dell’Università di Yale, partendo dalla ricerca dei casi
di successo, tenta di capire come evitare “passi falsi”; iniziative pubbliche
positive hanno 3 buone caratteristiche: una adeguata analisi preventiva dei
costi e dei benefici; una “equità” degli interventi; la “gestibilità” degli
interventi da parte dell’amministrazione. Programmi statali studiati per
portare vantaggi a tutti spesso premiano alcuni a svantaggio di altri (come nei
casi di “politica industriale”); a benefici attuali troppo spesso si sommano
costi futuri, non ben identificati (un caso tipico potrebbe essere il “welfare
all’italiana”); la burocrazia riesce quasi sempre a rendere più complessa ed
ingestibile la vita dei cittadini coinvolti. Secondo lo studio, la burocrazia
non è “neutrale” ma “dà forma autonomamente alle politiche pubbliche sulla base
delle proprie, endemiche, caratteristiche strutturali”. Gli esempi sono tratti
dalla realtà USA (partendo dall’ Homestead Act del 1862 sull’appropriazione
delle terre ad ovest, alla “deregulation” delle linee aree del 1978), ma un
tratto sembra sempre presente: “i beneficiari e gli amministratori dei
programmi pubblici ben riusciti stavano sfondando una porta aperta. La cultura
dominante considerava già con favore le attività necessarie per attuarli”. Le
riforme di successo seguono e non precedono il cambiamento sociale ed economico
e l’evoluzione tecnologica. E tramite maggiore concorrenza, trasparenza,
migliori tecniche, i programmi statali possono divenire un “plus” e non un “minus”
per la collettività. Leggi “omnibus” sono da evitare; “i programmi devono avere
una scadenza, come lo yogurt” ed essere rinnovati solo se sussiste ancora il
bisogno specifico da soddisfare. Prima di decidere di offrire un determinato
servizio, l’amministrazione dovrebbe essere obbligata a produrre evidenza della
sua analisi sui vantaggi di una soluzione pubblica rispetto ad una soluzione
fornita dal privato; soluzioni che prevedano un “voucher” ai cittadini
utilizzabili per l’accesso al servizio portano ad una migliore allocazione
delle risorse ed un minor aggravio di intervento da parte della burocrazia. Il “buonsenso”
è una merce rara.
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