“” (…) lo Stato
italiano venne accrescendo e dilatando le proprie funzioni attraverso una
congerie di oltre trecento tra comitati, consorzi, istituti e uffici vari
preposti ai compiti dell’intervento statale relativi all’attività economica e
finanziaria in generale, e non solo a quella più propriamente legata alla
produzione bellica: dai Consorzi agrari provinciali alle Commissioni comunali e
mandamentali per la proroga o la rescissione dei contratti agrari, dal
Consorzio per gli istituti di emissione e gli altri maggiori organi privati del
risparmio nazionale per le sovvenzioni sui valori mobiliari alla Giunta
esecutiva centrale degli Uffici di collocamento degli impiegati di aziende
private. E non c’è dubbio che la scarsa compattezza interna del ministero, la
vera e propria mancanza di una linea politica unitaria, oltre che di un “piano”
nel cui ambito muoversi, furono una delle cause principali che presiedette a
tale espansione e che ne caratterizzò gli esiti. (…) i due elementi costitutivi
di questo processo, l’aumento degli organi statali preposti all’economia di
guerra e la dilatazione del numero delle imprese che chiedevano di essere poste
sotto la protezione statale (…) si addicevano a quell’innesto dello sviluppo
capitalistico sulle strutture burocratiche che corrispondeva ad un’antica
vocazione dello Stato italiano. (…) la spinta alla creazione di nuovi organi
amministrativi e i conseguenti provvedimenti legislativi si accentuarono col
passare del tempo e giunsero al loro apice nel 1918 (…) proiettandosi nell’immediato
dopoguerra, e dando l’impressione di un sistema che crescesse in qualche misura
su se stesso, piuttosto che ubbidire ad una linea direttiva con una propria
organicità. Le conseguenze che ne scaturirono furono incalcolabili nel
determinare la crisi dello Stato liberale; certo è che si può collocare qui il
dilatarsi di quel fenomeno della incertezza della norma legislativa, derivante
dalla giungla di competenze e della privatizzazione di influenze su di essa,
che a partire da questo momento segnerà la pratica fine di ogni parvenza di
Stato di diritto. (…) se ci si vuole render conto dell’esautoramento dell’istituto
parlamentare e della graduale estromissione dei posti direttivi del personale
politico di formazione giolittiana, occorre tener presente che in questo
periodo il Parlamento viene perdendo quella funzione di mediatore di interessi
che gli aveva fatto assumere particolare rilievo nel periodo di consolidamento
dello Stato liberale. (…) che la guerra avesse procurato fin dal suo inizio
ampi profitti fu confermato, tra l’altro, dall’esito complessivamente positivo
dei vari prestiti nazionali, che rastrellarono in totale sei miliardi di lire
oro “antiche”, pari al 30 per cento del reddito nazionale, e ciò mentre le
imposte prelevavano dal 12 al 15 per cento su quello stesso reddito. I gettiti
del prestito non potevano certo provenire solo o prevalentemente dalla piccola
borghesia impiegatizia o dalla folta schiera dei piccoli rentiers, che furono anzi tra i gruppi sociali più duramente
colpiti dalla guerra: la prima vide restare sostanzialmente inalterati nei
primi anni di guerra i propri stipendi, mentre il costo della vita subiva un
forte rialzo, arrivando a più che raddoppiare tra il 1914 e il 1917; la
seconda, mentre fu duramente colpita dalla svalutazione della moneta, dovette
subire le conseguenze del blocco dei fitti urbani e rurali. In altri termini,
questi ceti che erano stati tra i pilastri più solido dello Stato liberale ed
avevano, nel complesso, largamente beneficiato della stabilizzazione monetaria
e sociale conseguita da Giolitti (…), subivano una scossa economica che doveva
renderli più sensibili ad ogni aspetto connesso con il loro prestigio sociale. La
guerra introdusse quindi una serie di fratture nel corpo della società, che si
assommavano a quella dell’articolazione e divisione in classi determinatesi nel
corso del processo di industrializzazione e che finivano con l’investire con
una serie di segmentazioni incrociate il blocco che si era cercato di dar vita
nell’”era giolittiana”.””
Storia d’Italia. Dall’Unità a oggi. Libro 11.
Lo stato liberale. pagg. 1999-2002 . Einaudi/IlSole24Ore, 2005.
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