Il Tribunale civile di Trieste ha concesso una proroga alla richiesta di
fallimento fatta dalla procura il 16 ottobre scorso per le Cooperative operaie di Trieste, Istria e
Friulia, gravate da perdite accumulate di 37 milioni, una serie di operazioni
di vendite di immobili infragruppo per far emergere plusvalenze atte a coprire
le perdite della gestione (15 milioni nell’ultimo esercizio), prestiti concessi
da 17.000 soci (su 110.000 aderenti) per 103 milioni di difficile restituzione,
600 dipendenti.
Nei mesi scorsi il Consorzio cooperativo finanziario per lo
sviluppo aveva concesso alla Coop giuliana finanziamenti per 8 milioni,
garantiti da Coop Nord-Est e coperti da un diritto di prelazione su alcuni
immobili di proprietà della Coop giuliana, ed una integrazione al piano di
salvataggio è ancora in fase di definizione.
I soci risparmiatori possono fare
affidamento (forse solo) sulla fideiussione rilasciata da una banca, valida
sino a fine 2014, che garantisce sino al 30% dei 103 milioni di prestito-soci
(fideiussione resa necessaria per legge quando il rapporto prestito
soci/patrimonio netto è superiore a 3 volte).
La vicenda è seguita con grande attenzione
dal mondo cooperativo, stante le implicazioni sulla effettiva protezione dei
soci che prestano denaro alle cooperative, una attività di raccolta che non è presidiata da Bankitalia,
né assistito dai fondi di garanzia (come quelli che proteggono la clientela
bancaria fino a 100mila euro per depositante).
Le regole che lo disciplinano
sono lasciate all'autodeterminazione delle singole Coop e le verifiche sono affidate
al controllo interno. Anche i criteri suggeriti dal livello associativo
(Ancc-Legacoop) per il momento sono insufficienti per vincolare “policy”
d'investimento che restano poco conosciute ai soci, i quali rilasciano una
delega che lascia ampi margini di manovra a chi gestisce i risparmi, talora “dirottati”
su investimenti diversi da quelli tipici dell’attività sociale prevalente.
I prestiti sociali hanno anche perso il loro appeal fiscale della ritenuta al
12,5%: l’aumento dell'aliquota al 26% sugli interessi corrisposti ai soci
prestatori, varato con la legge 89 del 23 giugno 2014, si applica sugli
interessi divenuti esigibili dal primo luglio 2014, ma anche con effetto
retroattivo su quelli maturati in precedenza.
La “disciplina speciale” sulla raccolta delle
cooperative è chiaramente diversa e molto più lasca e corriva di quella
esercitata su banche ed intermediari finanziari e sorge la domanda del perché questo
avvenga.
Come troppo spesso accade nel Belpaese, i buoi scappano lontano ed i
pastori-controllori suonano il piffero.
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