Secondo un’analisi del Barometro mondiale dei
furti nel retail effettuata in 24 paesi, le 4 componenti che fanno lievitare a
3 miliardi di euro le differenze di magazzino del retail italiano, poco oltre l’1%
del fatturato al retail, sono furti dei dipendenti (23% dei casi) e dei clienti
(45%), errori amministrativi, frodi dei fornitori.
La percentuali cresce al
2,6% nel settore dell’abbigliamento, con un picco nel periodo invernale; i capi
più “richiesti” sono cinture, portafogli (ironia del contrappasso), scarpe,
abbigliamento sportivo, denim, intimo.
Dopo l’abbigliamento, i settori più
colpiti sono farmacie, parafarmacie, gioiellerie.
A livello dei 24 paesi
esaminati, il valore degli ammanchi sale a 93 miliardi, oltre l’1,2% del fatturato;
in questa classifica le posizioni peggiori toccano ai paesi dell’America Latina
(1,6% l’incidenza di furti ed ammanchi), Nord America (1,3%), Asia Pacifico
(1,2%). I paesi più virtuosi, o meglio: meno malandrini, sono Norvegia (dove
sparisce “solo” lo 0,7% dei prodotti), Svizzera e Francia.
Le misure ritenute
preferibili per combattere la cattiva abitudine comprendono “”un mix di sistemi
anti-taccheggio, tv a circuito chiuso, personale di sicurezza interno e
strumenti hi-tech come le etichette Rfid””.
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